Rossini: Il Barbiere di Siviglia

 

Gioachino Rossini: Il Barbiere di Siviglia

Non c’è bisogno di presentazioni!

“La più meravigliosa improvvisazione che sia che sia mai uscita da cervello di musicista”

Così il Radiciotti, autore di un monumentale studio su Gioachino Rossini, definisce sinteticamente il Barbiere.

Il Barbiere di Siviglia – introduzione all’Opera di Rossini.

Il Barbiere di Siviglia, con le sue melodie eleganti, i suoi ritmi trascinanti e il suo superbo stile di composizione, viene considerata la più grande opera buffa italiana, eternamente fresca nella sua vena comica e nella sua inventiva. Gioachino Rossini scrisse Il Barbiere di Siviglia a Via dei Leutari, nel palazzo di fronte agli appartamenti di Palazzo Olivia, dove soggiorno nel 1816.

Rossini era notoriamente pigro. Rimandava il completamento dei lavori commissionatigli fino all’ultimo momento, e spesso “prendeva in prestito” della musica dalle sue altre opere, per risparmiarsi la fatica di scriverne di nuova. La famosa ouverture del Barbiere era stata precedentemente utilizzata in altre due sue opere; eppure, il Barbiere di Siviglia fu scritta ad una velocità supersonica: undici giorni diceva lui, sicuramente dal “concepimento” alla stesura finale non passarono più di venti giorni. Strabiliante se consideriamo che al tempo un buon amanuense era in grado di copiare in venti giorni proprio il numero totale delle pagine del manoscritto rossiniano.

Come spesso capita nello strano mondo della lirica, Il Barbiere, alla sua prima rappresentazione – il 20 Febbraio 1816 al Teatro Argentina di Roma- fu un fiasco strepitoso. l giovane Gioachino, con quell’opera, aveva osato sfidare il grande Paisiello, mettendo in scena, mentre era ancora vivo il famoso compositore napoletano, un’opera che lo stesso aveva già musicato. Il confronto con Paisiello era temuto, tanto che nel libretto fu pubblicato un “Avvertimento al pubblico” in cui si affermava che: “Il Signor Maestro Gioachino Rossini, onde non incorrere nella taccia d’una temeraria rivalità con l’immortale autore che l’ha preceduto, ha espressamente richiesto che Il Barbiere di Siviglia fosse di nuovo interamente versificato, e che vi fossero aggiunte parecchie nuove situazioni di pezzi musicali, che erano d’altronde reclamate dal moderno gusto teatrale, cotanto contagiato dall’epoca in cui scrisse la sua musica il rinomato Paisiello.” Questo non evito che gli ammiratori del Paisiello boicottassero la “prima”, inveendo e rumoreggiando per l’intera esecuzione. A ciò bisogna aggiungere le mille disavventure che capitarono durante l’intera rappresentazione, lasciando esterrefatto lo stesso Maestro pesarese, che dal cembalo dirigeva l’opera. Si narra che alla prima rappresentazione di questo capolavoro, in scena ne successero di tutti i colori: il basso Vitarelli, Don Basilio per l’occasione, al suo ingresso in scena inciampo e cadde battendo la faccia. All’aria della calunnia gli usciva ancora il sangue dal naso e dovette cantare tamponandosi il naso tra una frase e l’altra. Un gatto, che aveva residenza stabile presso il Teatro Argentina, apparve d’improvviso sul palcoscenico nel bel mezzo del finale e si mise a miagolare e a strusciarsi sulle gambe dei cantanti, fra le matte risate del pubblico! Al termine della rappresentazione, Rossini, imbestialito, si sottrasse alla folla degli spettatori, e torno da solo a piedi in Via dei Leutari.

Ma già alla seconda rappresentazione il pubblico romano ebbe ad inchinarsi alla musica immortale del Barbiere, cosi come, a malincuore, ebbero a fare gli ammiratori del Paisiello. Forse non tutti sanno che, fino al tardo ottocento, l’aria di Rosina cantata durante la lezione di musica era quasi sempre lasciata scegliere dalla stessa cantante che rappresentava Rosina, anche perché questo cambio non interferisce per nulla con lo svolgersi dell’intreccio. Anche nel nostro secolo diverse cantanti si sono concesse il vezzo del cambio dell’aria, celebre e la cavatina del Tancredi, noto cavallo di battaglia di una grande cantante ancora in attività: Marilyn Horne.

Il Barbiere di Siviglia
Melodramma buffo in due atti di Cesare Sterbini
Registrazione eseguita negli studi italiani de “La voce del Padrone”

Personaggi e interpreti:
Il conte d’Almaviva                                         Nicola Monti (tenore)
Bartolo, dottore in medicina, tutore di              Melchiorre Luise (basso)
Rosina, ricca pupilla in casa di Bartolo             Victoria de los Angeles
Figaro, barbiere                                              Gino Bechi (baritono)
Basilio, maestro di musica di Rosina                Nicola Rossi-Lemeni (basso)
 Fiorello, servitore d’Almaviva                          Erminio Benatti (basso)
 Berta, vecchia cameriera di Bartolo                 Anna Maria Canali (mezzosoprano)
FIORELLO

(avanzandosi con cautela)

Piano, pianissimo,

senza parlar,

tutti con me

venite qua.

CORO

Piano, pianissimo,

eccoci qua.

TUTTI

Tutto e’ silenzio;

nessun qui sta

che i nostri canti

possa turbar.

CONTE

(sottovoce)

Fiorello Ola’

FIORELLO

Signor son qua.

CONTE

Ebben! gli amici?

FIORELLO

Son pronti gia’.

CONTE

Bravi, bravissimi,

fate silenzio;

piano, pianissimo,

senza parlar.

CORO

Piano, pianissimo, senza parlar.

(I Suonatori accordano gli istrumenti,

e il Conte canta accompagnato da essi.)

CONTE

Ecco, ridente in cielo

spunta la bella aurora,

e tu non sorgi ancora

e puoi dormir cosi’?

Sorgi, mia dolce speme,

vieni, bell’idol mio;

rendi men crudo, oh Dio,

lo stral che mi feri’.

Oh sorte! gia’ veggo

quel caro sembiante;

quest’anima amante

ottenne pieta’.

Oh istante d’amore!

Oh dolce contento!

Soave momento

che eguale non ha!

Ehi, Fiorello?

FIORELLO

Mio Signore

CONTE

Di’, la vedi?

FIORELLO

Signor no.

CONTE

Ah, ch’e’ vana ogni speranza!

FIORELLO

Signor Conte, il giorno avanza

CONTE

Ah! che penso! che faro’?

Tutto e’ vano buona gente!

CORO

(sottovoce)

Mio signor

CONTE

Avanti, avanti.

(Da’ la borsa a Fiorello, il quale distribuisce i denari a tutti.)

Piu’ di suoni, piu’ di canti

io bisogno omai non ho.

FIORELLO

Buona notte a tutti quanti,

piu’ di voi che far non so.

(I Suonatori circondano il Conte ringraziandolo

e baciandogli la mano e il vestito.

Egli, indispettito per lo strepito che fanno, li va cacciando.

Lo stesso fa anche Fiorello.)

CORO

Mille grazie mio signore

del favore dell’onore

Ah, di tanta cortesia obbligati in verita’.

(Oh, che incontro fortunato!

E’ un signor di qualita’.)

CONTE

Basta, basta, non parlate

Ma non serve, non gridate

Maledetti, andate via

Ah, canaglia, via di qua.

Tutto quanto il vicinato

questo chiasso svegliera’.

FIORELLO

Zitti, zitti che rumore!

Ma che onore? che favore?

Maledetti, andate via Ah, canaglia, via di qua!

Ve’, che chiasso indiavolato! Ah, che rabbia che mi fa!

(I suonatori partono.)

SCENA II scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Il Conte e Fiorello.

CONTE

Gente indiscreta!

FIORELLO

Ah, quasi con quel chiasso importuno

tutto quanto il quartiere han risvegliato.

Alfin sono partiti!

CONTE

(guardando verso la ringhiera)

E non si vede!

E’ inutile sperar.

(Passeggia riflettendo.)

(Eppur qui voglio aspettar di vederla.

Ogni mattina ella su quel balcone

a prender fresco viene sull’aurora.

Proviamo.)

Ola’, tu ancora ritirati, Fiorel.

FIORELLO

Vado. La’ in fondo

attendero’ suoi ordini.

(Si ritira.)

CONTE

Con lei

se parlar mi riesce,

non voglio testimoni. Che a quest’ora

io tutti i giorni qui vengo per lei

dev’essersi avveduta. Oh, vedi, amore

a un uomo del mio rango

come l’ha fatta bella! Eppure, eppure

dev’essere mia sposa

(Si sente da lontano venire Figaro cantando.)

Chi e’ mai quest’importuno?

Lasciamolo passar; sotto quegli archi,

non veduto, vedro’ quanto bisogna;

gia’ l’alba appare e amor non si vergogna.

(Si nasconde sotto il portico.)

SCENA III scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Figaro, con la chitarra appesa al collo.

FIGARO

Largo al factotum

della citta’.

Presto a bottega,

che’ l’alba e’ gia’.

Ah, che bel vivere,

che bel piacere

per un barbiere

di qualita’!

Ah, bravo Figaro!

Bravo, bravissimo;

fortunatissimo

per verita’!

Pronto a far tutto,

la notte e il giorno

sempre d’intorno,

in giro sta.

Miglior cuccagna

per un barbiere,

vita piu’ nobile,

no, non si da’.

Rasori e pettini,

lancette e forbici,

al mio comando

tutto qui sta.

V’e’ la risorsa,

poi, del mestiere

colla donnetta

col cavaliere

Ah, che bel vivere,

che bel piacere

per un barbiere

di qualita’!

Tutti mi chiedono,

tutti mi vogliono,

donne, ragazzi,

vecchi, fanciulle:

Qua la parrucca

Presto la barba

Qua la sanguigna

Presto il biglietto

Figaro Figaro

Son qua, son qua.

Figaro Figaro.

Eccomi qua.

Ahime’, che furia!

Ahime’, che folla!

Uno alla volta,

per carita’!

Pronto prontissimo

son come il fulmine:

sono il factotum

della citta’.

Ah, bravo Figaro!

bravo, bravissimo;

a te fortuna

non manchera’.

SCENA IV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Figaro, poi il Conte.

FIGARO

Ah, ah! che bella vita!

Faticar poco, divertirsi assai,

e in tasca sempre aver qualche doblone

gran frutto della mia riputazione.

Ecco qua: senza Figaro

non si accasa in Siviglia una ragazza:

a me la vedovella

ricorre pel marito: io, colla scusa

del pettine di giorno,

della chitarra col favor la notte,

a tutti onestamente,

non fo per dir, m’adatto a far piacere,

oh che vita, che vita! Oh che mestiere!

Orsu’, presto a bottega

CONTE

(avanzandosi)

E’ desso, o pur m’inganno?)

FIGARO

(scorgendo il Conte)

(Chi sara’ mai costui?)

CONTE

(Oh, e’ lui senz’altro!)

Figaro!

FIGARO

Mio padrone

(riconoscendo il Conte)

Oh, chi veggo! Eccellenza!

CONTE

Zitto, zitto, prudenza!

Qui non son conosciuto,

ne’ vo’ farmi conoscere. Per questo

ho le mie gran ragioni.

FIGARO

Intendo, intendo,

la lascio in liberta’.

CONTE

No no

FIGARO

Che serve?

CONTE

No, dico: resta qua;

forse ai disegni miei

non giungi inopportuno Ma cospetto,

dimmi un po’, buona lana

come ti trovo qua? poter del mondo!

Ti veggo grasso e tondo

FIGARO

La miseria, signore!

CONTE

Ah birbo!

FIGARO

Grazie.

CONTE

Hai messo ancor giudizio?

FIGARO

Oh! e come. Ed ella,

come in Siviglia?

CONTE

Or te lo spiego. Al Prado

vidi un fior di bellezza, una fanciulla

figlia d’un certo medico barbogio

che qua da pochi di’ s’e’ stabilito.

Io, di questa invaghito,

lasciai patria e parenti, e qua men venni.

E qua la notte e il giorno

passo girando a que’ balconi intorno.

FIGARO

A que’ balconi? un medico? Oh cospetto!

Siete ben fortunato;

sui maccheroni il cacio v’e’ cascato.

CONTE

Come?

FIGARO

Certo. La’ dentro

io son barbiere, parrucchier, chirurgo

botanico, spezial, veterinario,

i1 faccendier di casa.

CONTE

Oh che sorte!

FIGARO

Non basta. La ragazza

figlia non e’ del medico. E’ soltanto

la sua pupilla!

CONTE

Oh, che consolazione!

FIGARO

Percio’ Zitto!

CONTE

Cos’e?

FIGARO

S’apre il balcone.

(Si ritirano sotto il portico.)

SCENA V scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Rosina, poi Bartolo, e detti.

ROSINA

(dal balcone)

Non e’ venuto ancor. Forse…

CONTE

Oh, mia vita!

Mio nume! mio tesoro!

Vi veggo alfine, alfine

ROSINA

(estraendo un biglietto)

Oh, che vergogna!

Vorrei dargli il biglietto

BARTOLO

(apparendo al balcone)

Ebben, ragazza?

I tempo e’ buono. Cos’e’ quella carta?

ROSINA

Niente, niente, signor: son le parole

dell’aria dell’Inutil Precauzione.

CONTE

Ma brava dell’Inutil Precauzione

FIGARO

Che furba!

BARTOLO

Cos’e’ questa

Inutil precauzione?

ROSINA

Oh, bella! e’ il titolo

del nuovo dramma in musica.

BARTOLO

Un dramma! Bella cosa! sara’ al solito

un dramma semiserio,

un lungo, malinconico, noioso,

poetico strambotto!

Barbaro gusto! secolo corrotto!

ROSINA

(lasciando cadere il biglietto)

Oh, me meschina! l’aria m’e’ caduta.

(a Bartolo)

Raccoglietela presto.

BARTOLO

Vado, vado.

(Si ritira.)

ROSINA

(verso il Conte)

Ps Ps!

CONTE

Ho inteso.

(Raccoglie il foglio.)

ROSINA

Presto.

CONTE

Non temete.

(Si nasconde.)

BARTOLO

(uscendo sulla via)

Son qua.

Dov’e’?

ROSINA

Ah, il vento l’ha portata via.

Guardate.

BARTOLO

Io non la veggo.

Eh, signorina, non vorrei (Cospetto!

Costei m’avesse preso!) In casa, in casa,

animo, su! A chi dico? In casa, presto.

ROSINA

Vado, vado. Che furia!

BARTOLO

Quel balcone io voglio far murare

Dentro, dico.

ROSINA

Ah, che vita da crepare!

(Rosina si ritira dal balcone. Bartolo rientra in casa.)

CONTE

Povera disgraziata!

Il suo stato infelice

sempre piu’ m’interessa.

FIGARO

Presto, presto:

vediamo cosa scrive.

CONTE

Appunto. Leggi.

FIGARO

(Legge il biglietto.)

“Le vostre assidue premure hanno eccitata la mia curiosita’

Il mio tutore e’ per uscir di casa;

appena si sara’ allontanato,

procurate con qualche mezzo ingegnoso d’indicarmi il vostro nome,

il vostro stato e le vostre intenzioni.

Io non posso giammai comparire al balcone

senza l’indivisibile compagnia del mio tiranno.

Siate pero’ certo che tutto e’ disposta a fare,

per rompere le sue catene, la sventurata Rosina.”

CONTE

Si’, si’, le rompera’. Su, dimmi un poco:

che razza d’uomo e’ questo suo tutore?

FIGARO

E’ un vecchio indemoniato avaro,

sospettoso, brontolone; avra’ cent’anni indosso

e vuol fare il galante: indovinate?

Per mangiare a Rosina

tutta l’eredita’ s’e’ fitto in capo

di volerla sposare. Aiuto!

CONTE

Che?

FIGARO

S’apre la porta.

(Si ritirano in fretta. Bartolo esce di casa.)

BARTOLO

(parlando verso la porta)

Fra momenti io torno;

non aprite a nessun. Se Don Basilio

venisse a ricercarmi, che m’aspetti.

(Le mie nozze con lei meglio e’ affrettare.

Si’, dentr’oggi finir vo’ quest’affare.)

(Parte.)

SCENA VI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Il Conte e Figaro, poi Rosina.

CONTE

(fuori con Figaro)

Dentr’oggi le sue nozze con Rosina!

Ah, vecchio rimbambito!

Ma dimmi or tu! chi e’ questo Don Basilio?

FIGARO

E’ un solenne imbroglion di matrimoni,

un collo torto, un vero disperato,

sempre senza un quattrino

Gia’, e’ maestro di musica;

insegna alla ragazza.

CONTE

Bene, bene;

tutto giova saper.

FIGARO

Ora pensate della bella Rosina a soddisfar le brame.

CONTE

Il nome mio

non le vo’ dir ne’ il grado; assicurarmi

vo’ pria ch’ella ami me, me solo al mondo,

non le ricchezze e i titoli

del conte d’Almaviva. Ah, tu potresti…

FIGARO

Io? no, signore; voi stesso dovete

CONTE

Io stesso? e come?

FIGARO

Zitto? Eccoci a tiro,

osservate: perbacco, non mi sbaglio.

Dietro la gelosia sta la ragazza;

presto, presto all’assalto, niun ci vede.

In una canzonetta,

cosi’, alla buona, il tutto

spiegatele, signor

CONTE

Una canzone?

FIGARO

Certo. Ecco la chitarra; presto, andiamo.

CONTE

Ma io

FIGARO

Oh che pazienza!

CONTE

Ebben, proviamo.

Se i1 mio nome saper voi bramate,

dal mio labbro il mio nome ascoltate.

Io son Lindoro

che fido v’adoro,

che sposa vi bramo,

che a nome vi chiamo,

di voi sempre parlando cosi’

dall’aurora al tramonto del di’.

ROSINA

(dentro la casa)

Segui, o caro; deh, segui cosi’!

FIGARO

Sentite. Ah! che vi pare?

CONTE

Oh, me felice!

FIGARO

Da bravo, a voi, seguite.

CONTE

L’amoroso e sincero Lindoro,

non puo’ darvi, mia cara, un tesoro.

Ricco non sono,

ma un core vi dono,

un’anima amante

che fida e costante

per voi sola sospira cosi’

dall’aurora al tramonto del di’.

Rosina

L’amorosa e sincera

Rosina del suo core Lindo

(Si ritira dal balcone.)

SCENA VII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Il Conte e Figaro.

CONTE

Oh cielo!

FIGARO

Nella stanza

convien dir che qualcuno entrato sia.

Ella si e’ ritirata.

CONTE

(con enfasi)

Ah cospettone!

Io gia’ deliro avvampo! Oh, ad ogni costo

vederla io voglio Vo’ parlarle. Ah, tu,

tu mi devi aiutar.

FIGARO

Ih, ih, che furia!

Si’, si’, v’aiutero’.

CONTE

Da bravo: entr’oggi

vo’ che tu m’introduca in quella casa.

Dimmi, come farai? via! del tuo spirito

vediam qualche prodezza.

FIGARO

Del mio spirito

Bene vedro’ ma in oggi

CONTE

Eh via! t’intendo.

Va la’, non dubitar; di tue fatiche

largo compenso avrai.

FIGARO

Davver?

CONTE

Parola.

FIGARO

Dunque, oro a discrezione?

CONTE

Oro a bizzeffe.

Animo, via.

FIGARO

Son pronto. Ah, non sapete

i simpatici effetti prodigiosi

che, ad appagare il mio signor Lindoro,

produce in me la dolce idea dell’oro.

All’idea di quel metallo

portentoso, onnipossente,

un vulcano la mia mente

incomincia a diventar.

CONTE

Su, vediam di quel metallo

qualche effetto sorprendente

del vulcan della tua mente

qualche mostro singolar.

FIGARO

Voi dovreste travestirvi,

per esempio da soldato.

CONTE

Da soldato?

FIGARO

Si’, signore.

CONTE

Da soldato? e che si fa?

FIGARO

Oggi arriva un reggimento.

CONTE

Si’, e’ mio amico il Colonnello.

FIGARO

Va benon.

CONTE

Eppoi?

FIGARO

Cospetto!

Dell’alloggio col biglietto

quella porta s’aprira’.

Che ne dite, mio signore?

Non vi par? Non l’ho trovata?

CONTE

Che invenzione prelibata!

Bravo, bravo,

in verita’!

Bella, bella,

FIGARO

Piano, piano un’altra idea!

Veda l’oro cosa fa.

Ubbriaco si’, ubbriaco,

mio signor, si fingera’.

CONTE

Ubbriaco?

FIGARO

Si’, signore.

CONTE

Ubbriaco? Ma perche’?

FIGARO

Perche’ d’un ch’e’ poco in se’

(imitando moderatamente i moti d’un ubbriaco)

che dal vino casca gia’,

il tutor, credete a me,

il tutor si fidera’.

A DUE

Che invenzione prelibata!

Bravo, bravo,

in verita’!

Bella, bella,

CONTE

Dunque

FIGARO

All’opra.

CONTE

Andiam.

FIGARO

Da bravo.

CONTE

Vado Oh, il meglio mi scordavo!

Dimmi un po’, la tua bottega per trovarti, dove sta?

FIGARO

La bottega? Non si sbaglia;

guardi bene; eccola la’.

(additando fra le quinte)

Numero quindici a mano manca

quattro gradini, facciata bianca,

cinque parrucche nella vetrina

sopra un cartello “Pomata fina”,

mostra in azzurro alla moderna,

v’e’ per insegna una lanterna

La’ senza fallo mi trovera’.

CONTE

Ho ben capito

FIGARO

Or vada presto.

CONTE

Tu guarda bene

FIGARO

Io penso al resto.

CONTE

Di te mi fido

FIGARO

Cola’ l’attendo.

CONTE

Mio caro Figaro

FIGARO

Intendo, intendo.

CONTE

Portero’ meco

FIGARO

La borsa piena.

CONTE

Si’, quel che vuoi, ma il resto poi

FIGARO

Oh non si dubiti, che bene andra’

CONTE

Ah, che d’amore

la fiamma io sento,

nunzia di giubilo

e di contento!

Ecco propizia

che in sen mi scende;

d’ardore insolito

quest’alma accende,

e di me stesso

maggior mi fa.

FIGARO

Delle monete

il suon gia’ sento!

L’oro gia’ viene,

viene l’argento;

eccolo, eccolo

che in tasca scende;

e di me stesso

maggior mi fa.

(Figaro entra in casa di Bartolo, il Conte parte.)

SCENA VIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

(Fiorello solo)

FIORELLO

(entrando)

Evviva il mio padrone!

Due ore, ritto in pie’, la’ come un palo

mi fa aspettare e poi

mi pianta e se ne va. Corpo di Bacco!

Brutta cosa servire

un padron come questo,

nobile, giovinotto e innamorato;

questa vita, cospetto, e’ un gran tormento!

Ah, durarla cosi’ non me la sento!

(Parte.)

SCENA IX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Camera nella casa di don Bartolo.

Di prospetto la finestra con gelosia, come nella scena prima.

Rosina, sola.

ROSINA

Una voce poco fa

qui nel cor mi risuono’;

il mio cor ferito e’ gia’,

e Lindor fu che il piago’.

Si’, Lindoro mio sara’;

lo giurai, la vincero’.

Il tutor ricusera’,

io l’ingegno aguzzero’.

Alla fin s’acchetera’

e contenta io restero’

Si’, Lindoro mio sara’;

lo giurai, la vincero’.

Io sono docile, son rispettosa,

sono obbediente, dolce, amorosa;

mi lascio reggere, mi fo guidar.

Ma se mi toccano dov’e’ il mio debole

saro’ una vipera e cento trappole

prima di cedere faro’ giocar.

Si’ si’, la vincero’. Potessi almeno

mandargli questa lettera. Ma come?

Di nessun qui mi fido;

il tutore ha cent’occhi basta, basta;

sigilliamola intanto.

(Va allo scrittoio e suggella la lettera.)

Con Figaro, il barbier, dalla finestra

discorrer l’ho veduto piu’ d’un’ora;

Figaro e’ un galantuomo,

un giovin di buon core

Chi sa eh’ei non protegga il nostro amore.

SCENA Xscena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Figaro e detta.

FIGARO

Oh buon di’, signorina!

ROSINA

Buon giorno, signor Figaro.

FIGARO

Ebbene, che si fa?

ROSINA

Si muor di noia.

FIGARO

Oh diavolo! Possibile!

Un ragazza bella e spiritosa

ROSINA

Ah, ah, mi fate ridere!

Che mi serve lo spirito

che giova la bellezza

se chiusa io sempre sto fra quattro mura

che mi par d’esser proprio in sepoltura?

FIGARO

In sepoltura? ohibo’!

(chiamandola a parte)

Sentite io voglio

ROSINA

Ecco il tutor.

FIGARO

Davvero?

ROSINA

Certo, certo; e’ il suo passo

FIGARO

Salva, salva; fra poco

ci rivedrem: ho a dirvi qualche cosa.

ROSINA

E ancor io, signor Figaro.

FIGARO

Bravissima.

Vado.

(Si nasconde, poi tratto tratto si fa vedere.)

ROSINA

Quanto e’ garbato!

(Si ritira.)

SCENA XI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Bartolo, Rosina, indi Berta e Ambrogio.

BARTOLO

Ah, disgraziato Figaro!

ah, indegno! ah, maledetto! ah, scellerato!

ROSINA

(Ecco qua: sempre grida.)

BARTOLO

Ma si puo’ dar di peggio!

Uno spedale ha fatto

di tutta la famiglia

a forza d’oppio, sangue e stranutiglia.

Signorina, il barbiere

lo vedeste?

ROSINA

Perche’?

BARTOLO

Perche’ lo vo’ sapere.

ROSINA

Forse anch’egli v’adombra?

BARTOLO

E perche’ no?

ROSINA

Ebben, ve lo diro’. Si’, I’ho veduto,

gli ho parlato, mi piace, m’e’ simpatico

il suo discorso, il suo gioviale aspetto

(Crepa di rabbia, vecchio maledetto.)

(Parte.)

BARTOLO

Vedete che grazietta!

Piu’ l’amo, e piu’ mi sprezza la briccona.

Certo, certo e’ il barbiere

che la mette in malizia.

Chi sa cosa le ha detto!

Chi sa! Or lo sapro’. Ehi. Berta. Ambrogio!

BERTA

(entrando e starnutendo)

Ecci’

(entra Ambrogio sbadigliando)

AMBROGIO

Ah! che comanda?

BARTOLO

Dimmi.

BERTA

Ecci’

BARTOLO

Il barbiere parlato ha con Rosina?

BERTA

Ecci’

BARTOLO

Rispondi almen tu, babbuino!

AMBROGIO

(sbadigliando)

Ah, ah!

BARTOLO

Che pazïenza!

AMBROGIO

Ah, ah! che sonno!

BARTOLO

Ebben!

BERTA

Venne, ma io

BARTOLO

Rosina

AMBROGIO

Ah!

BERTA

Ecci’

BARTOLO

Che serve! Eccoli qua, son mezzo morti.

Andate.

AMBROGIO

Ah!

BERTA

Ecci’

BARTOLO

Eh, il diavol che vi porti!

(Berta e Ambrogio partono)

SCENA XII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Bartolo, indi don Basilio

BARTOLO

Ah! Barbiere d’inferno

Tu me la pagherai Qua, Don Basilio;

giungete a tempo! Oh! Io voglio,

per forza o per amor, dentro domani

sposar la mia Rosina. Avete inteso?

BASILIO

(dopo molte riverenze)

Eh, voi dite benissimo

e appunto io qui veniva ad avvisarvi

(chiamando a parte)

Ma segretezza! E’ giunto

il Conte d’Almaviva.

BARTOLO

Chi? L’incognito amante

della Rosina?

BASILIO

Appunto quello.

Bartolo

Oh diavolo!

Ah, qui ci vuol rimedio!

BASILIO

Certo; ma alla sordina.

BARTOLO

Sarebbe a dir?

BASILIO

Cosi’, con buona grazia

bisogna principiare

a inventar qualche favola

che al pubblico lo metta in mala vista,

che comparir lo faccia

un uomo infame, un’anima perduta

Io, io vi serviro’: fra quattro giorni,

credete a me, Basilio ve lo giura,

noi lo farem sloggiar da queste mura.

BARTOLO

E voi credete?

BASILIO

Oh certo! E’ il mio sistema.

E non sbaglia.

BARTOLO

E vorreste?

Ma una calunnia

BASILIO

Ah, dunque

la calunnia cos’e’ voi non sapete?

BARTOLO

No, davvero.

BASILIO

No? Uditemi e tacete.

La calunnia e’ un venticello,

un’auretta assai gentile

che insensibile, sottile,

leggermente, dolcemente

incomincia a sussurrar.

Piano piano, terra terra,

sottovoce, sibilando,

va scorrendo, va ronzando;

nelle orecchie della gente

s’introduce destramente

e le teste ed i cervelli

fa stordire e fa gonfiar.

Dalla bocca fuori uscendo

lo schiamazzo va crescendo

prende forza a poco a poco,

vola gia’ di loco in loco;

sembra il tuono, la tempesta

che nel sen della foresta

va fischiando, brontolando

e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca e scoppia,

si propaga, si raddoppia

e produce un’esplosione

come un colpo di cannone,

un tremuoto, un temporale,

un tumulto generale,

che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato,

avvilito, calpestato,

sotto il pubblico flagello

per gran sorte ha crepar.

Ah! che ne dite?

BARTOLO

Eh! sara’ ver, ma intanto

si perde tempo e qui stringe il bisogno.

No: vo’ fare a mio modo:

in mia camera andiam. Voglio che insieme

i1 contratto di nozze ora stendiamo.

Quando sara’ mia moglie,

da questi zerbinotti innamorati

metterla in salvo sara’ pensier mio.

BASILIO

(Vengan denari: al resto son qua io.)

(Entrano nella prima camera a destra.)

SCENA XIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Figaro uscendo con precauzione, indi Rosina.

FIGARO

Ma bravi! ma benone!

Ho inteso tutto. Evviva il buon dottore!

Povero babbuino!

Tua sposa? Eh via pulisciti il bocchino.

Or che stan la’ chiusi,

procuriam di parlare alla ragazza:

eccola appunto.

ROSINA

(entrando)

Ebbene, signor Figaro.

FIGARO

Gran cose, signorina.

ROSINA

Si’, davvero?

FIGARO

Mangerem dei confetti.

ROSINA

Come sarebbe a dir?

FIGARO

Sarebbe a dire

che il vostro bel tutore ha stabilito

esser dentro doman vostro marito.

ROSINA

Eh, via!

FIGARO

Oh, ve lo giuro;

a stender il contratto

col maestro di musica

la’ dentro or s’e’ serrato.

ROSINA

Si’? oh, l’ha sbagliata affe’!

Povero sciocco! L’avra’ a far con me.

Ma dite, signor Figaro,

voi poco fa sotto le mie finestre

parlavate a un signore

FIGARO

Ah, un mio cugino,

un bravo giovinotto; buona testa,

ottimo cuor; qui venne

i suoi studi a compire

e il poverin cerca di far fortuna.

ROSINA

Fortuna? oh, la fara’.

FIGARO

Oh, ne dubito assai: in confidenza

ha un gran difetto addosso.

ROSINA

Un gran difetto

FIGARO

Ah, grande: e’ innamorato morto.

ROSINA

Si’, davvero?

Quel giovane, vedete

m’interessa moltissimo.

FIGARO

Per bacco!

ROSINA

Non mi credete?

FIGARO

Oh si’!

ROSINA

E la sua bella,

dite, abita lontano?

FIGARO

Qui! due passi.

ROSINA

Ma e’ bella?

FIGARO

Oh, bella assai!

Eccovi il suo ritratto in due parole:

grassotta, genialotta,

capello nero, guancia porporina,

occhio che parla, mano che innamora

ROSINA

E il nome?

FIGARO

Ah, il nome ancora?

Il nome Ah, che bel nome!

Si chiama

ROSINA

Ebbene, si chiama?

FIGARO

Si chiamaerreororosiRosina.

ROSINA

Dunque io son tu non m’inganni?

Dunque io son la fortunata!

(Gia’ me l’ero immaginata:

lo sapeva pria di te.)

FIGARO

Di Lindoro il vago oggetto

siete voi, bella Rosina.

(Oh, che volpe sopraffina,

ma l’avra’ da far con me.)

ROSINA

Senti, senti ma a Lindoro

per parlar come si fa?

FIGARO

Zitto, zitto, qui Lindoro

per parlarvi or or sara’.

ROSINA

Per parlarmi? Bravo! bravo!

Venga pur, ma con prudenza;

io gia’ moro d’impazienza!

Ma che tarda? ma che fa?

FIGARO

Egli attende qualche segno,

poverin, del vostro affetto;

sol due righe di biglietto

gli mandate, e qui verra’.

Che ne dite?

ROSINA

Non vorrei

FIGARO

Su, coraggio.

ROSINA

Non saprei

FIGARO

Sol due righe

ROSINA

Mi vergogno

FIGARO

Ma di che? di che? si sa!

(andando allo scrittoio)

Presto, presto; qua un biglietto.

ROSINA

(Richiamandolo, cava dalla tasca il biglietto e glielo da’.)

Un biglietto? eccolo qua.

FIGARO

(attonito)

Gia’ era scritto? Ve’, che bestia!

Il maestro faccio a lei!

Ah, che in cattedra costei

di malizia puo’ dettar.

Donne, donne, eterni Dei,

chi vi arriva a indovinar?

ROSINA

Fortunati affetti miei!

Io comincio a respirar.

Ah, tu solo, amor, tu sei

che mi devi consolar!

(Figaro parte.)

SCENA XIV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Rosina, indi Bartolo.

ROSINA

Ora mi sento meglio. Questo Figaro

e’ un bravo giovinotto.

BARTOLO

(entrando)

Insomma, colle buone,

potrei sapere dalla mia Rosina

che venne a far colui questa mattina?

ROSINA

Figaro? Non so nulla.

BARTOLO

Ti parlo’?

ROSINA

Mi parlo’.

BARTOLO

Che ti diceva?

ROSINA

Oh! mi parlo’ di cento bagattelle

Del figurin di Francia,

del mal della sua figlia Marcellina.

BARTOLO

Davvero! Ed io scommetto

che porto’ la risposta al tuo biglietto.

ROSINA

Qual biglietto?

BARTOLO

Che serve! L’arietta dell’Inutil Precauzione

che ti cadde staman giu’ dal balcone.

Vi fate rossa? (Avessi indovinato!)

Che vuol dir questo dito

cosi’ sporco d’inchiostro?

ROSINA

Sporco? oh, nulla.

Io me l’avea scottato

e coll’inchiostro or or l’ho medicato.

BARTOLO

(Diavolo!) E questi fogli

Or son cinque eran sei.

ROSINA

Que’ fogli? e’ vero.

D’uno mi son servita

a mandar dei confetti a Marcellina.

BARTOLO

Bravissima! E la penna

perche’ fu temperata?

ROSINA

(Maledetto!) La penna!

Per disegnare un fiore sul tamburo.

BARTOLO

Un fiore?

ROSINA

Un fiore.

BARTOLO

Un fiore. Ah! fraschetta!

ROSINA

Davver.

BARTOLO

Zitta!

ROSINA

Credete.

BARTOLO

Basta cosi’.

ROSINA

Signor..

BARTOLO

Non piu’ tacete.

A un dottor della mia sorte

queste scuse, signorina!

Vi consiglio, mia carina,

un po’ meglio a imposturar.

I confetti alla ragazza!

Il ricamo sul tamburo!

Vi scottaste: eh via! eh via!

Ci vuol altro, figlia mia,

per potermi corbellar.

Perche’ manca la’ quel foglio?

Vo’ saper cotesto imbroglio.

Sono inutili le smorfie;

ferma la’, non mi toccate!

Figlia mia non lo sperate

ch’io mi iasci infinocchiar.

Via, carina, confessate;

son disposto a perdonar.

Non parlate? Vi ostinate?

So ben io quel che ho da far.

Signorina, un’altra volta

quando Bartolo andra’ fuori,

la consegna ai servitori

a suo modo far sapra’.

Ah, non servono le smorfie,

faccia pur la gatta morta.

Cospetton! per quella porta

nemmen l’aria entrar potra’.

E Rosina innocentina,

sconsolata, disperata,

in sua camera serrata

fin ch’io voglio star dovra’.

(Parte.)

SCENA XV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Rosina, sola.

ROSINA

Brontola quanto vuoi,

chiudi porte e finestre. Io me ne rido:

gia’ di noi femmine alla piu’ marmotta

per aguzzar l’ingegno

e far la spiritosa, tutto a un tratto,

basta chiuder la chiave e il colpo e’ fatto.

(Parte.)

SCENA XVI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Berta, poi il Conte.

BERTA

(Entrando)

Finora i questa camera

mi parve di sentir un mormorio;

sara’ stato il tutor, colla pupilla

non ha un’ora di ben Queste ragazze

non la voglion capir.

(Si batte alla porta.)

Battono.

CONTE

(di dentro)

Aprite.

BERTA

Vengo Ecci’ Ancora dura;

quel tabacco m’ha posta in sepoltura.

(Corre ad aprire.)

SCENA XVII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Il Conte travestito da soldato di cavalleria, indi Bartolo.

CONTE

Ehi di casa! buona gente!

Ehi di casa! niun mi sente!

BARTOLO

(entrando)

Chi e’ costui? che brutta faccia!

E’ ubbriaco! chi sara’?

CONTE

Ehi, di casa! maledetti!

BARTOLO

Cosa vuol, signor soldato?

CONTE

Ah! si’, si’, bene obbligato.

(Vedendolo, cerca in tasca.)

BARTOLO

(Qui costui che mai vorra’?)

CONTE

Siete voi Aspetta un poco

Siete voi dottor Balordo?

BARTOLO

Che balordo?

CONTE

(leggendo)

Ah, ah, Bertoldo?

BARTOLO

Che Bertoldo? Eh, andate al diavolo!

Dottor Bartolo.

CONTE

Ah, bravissimo;

dottor barbaro; benissimo

gia’ v’e’ poca differenza.

(Non si vede! che impazienza!

Quanto tarda! dove sta?)

BARTOLO

(Io gia’ perdo la pazienza,

qui prudenza ci vorra’.)

CONTE

Dunque voi siete dottore?

BARTOLO

Son dottore si’, signore.

CONTE

Ah, benissimo; un abbraccio,

qua, collega.

BARTOLO

Indietro!

CONTE

(Lo abbraccia per forza.)

Qua.

Sono anch’io dottor per cento,

maniscalco al reggimento.

(presentando il biglietto)

Dell’alloggio sul biglietto

osservate, eccolo qua.

BARTOLO

Dalla rabbia e dal dispetto

io gia’ crepo in verita’.

Ah, ch’io fo, se mi ci metto,

qualche gran bestialita’!

(Legge il biglietto.)

CONTE

(Ah, venisse il caro oggetto

della mia felicita’!

Vieni, vieni; il tuo diletto

pien d’amor t’attendo qua.)

SCENA XVIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Rosina e detti.

ROSINA

D’ascoltar qua m’e’ sembrato

un insolito rumore

(Si arresta vedendo Bartolo.)

Un soldato ed il tutore!

Cosa mai faranno qua?

(Si avanza pian piano.)

CONTE

(E’ Rosina; or son contento.)

ROSINA

(Ei mi guarda, e s’avvicina.)

CONTE

(piano a Rosina)

(Son Lindoro.)

ROSINA

(Oh ciel! che sento!

Ah, giudizio, per pieta’!)

BARTOLO

(vedendo Rosina)

Signorina, che cercate?

Presto, presto, andate via.

ROSINA

Vado, vado, non gridate.

BARTOLO

Presto, presto, via di qua

CONTE

Ehi, ragazza, vengo anch’io.

BARTOLO

Dove, dove, signor mio?

CONTE

In caserma, oh, questa e’ bella!

BARTOLO

In caserma?.. . bagattella!

CONTE

Cara!

ROSINA

Aiuto!

BARTOLO

Ola’, cospetto!

CONTE

(a Bartolo, incamminandosi verso le camere)

Dunque vado

BARTOLO

(trattenendolo)

Oh, no, signore,

qui d’alloggio non puo’ star.

CONTE

Come? Come?

BARTOLO

Eh, non v’e’ replica:

ho il brevetto d’esenzione.

CONTE (adirato)

Il brevetto?

BARTOLO

Mio padrone,

un momento e il mostrero’.

(Va allo scrittoio.)

CONTE

(a Rosina)

(Ah, se qui restar non posso,

deh, prendete)

ROSINA

(Ohime’, ci guarda!)

CONTE E ROSINA

(Cento smanie io sento addosso.

Ah, piu’ reggere non so.)

BARTOLO

(cercando nello scrittoio)

(Ah, trovarlo ancor non posso;

ma si’, si’, lo trovero’.)

(venendo avanti con una pergamena)

Ecco qui.

(Legge.)

“Con la presente il Dottor Bartolo, etcetera. Esentiamo”

CONTE

(Con un rovescio di mano manda in aria la pergamena)

Eh, andate al diavolo!

Non mi state piu’ a’ seccar.

BARTOLO

Cosa fa, signor mio caro?

CONTE

Zitto la’, Dottor somaro.

Il mio alloggio e’ qui fissato

e in alloggio qui vo’ star.

BARTOLO

Vuol restar?

CONTE

Restar, sicuro.

BARTOLO

(prendendo un bastone)

Oh, son stufo, mio padrone;

presto fuori, o un buon bastone

lo fara’ di qua sloggiar.

CONTE

(serio)

Dunque lei lei vuol battaglia?

Ben! Battaglia le vo’ dar.

Bella cosa e’ una battaglia!

Ve la voglio qui mostrar.

(avvicinandosi amichevolmente a Bartolo)

Osservate! questo e’ il fosso

L’inimico voi sarete

(Gli da’ una spinta.)

Attenzion (giu’ il fazzoletto.)

(piano a Rosina alla quale si avvicina porgendole la lettera)

E gli amici stan di qua.

Attenzione!

(Coglie il momento in cui Bartolo l’osserva meno attentamente.

Lascia cadere il biglietto e Rosina vi fa cadere sopra il fazzoletto.)

BARTOLO

Ferma, ferma!

CONTE

(rivolgendosi e fingendo accorgersi della lettera che raccoglie)

Che cos’e’? ah!

BARTOLO

(avvedendosene)

Vo’vedere.

CONTE

Si’, se fosse nna ricetta!

Ma un biglietto e’ mio dovere

Mi dovete perdonar.

(Fa una riverenza a Rosina e le da’ il biglietto e il fazzoletto.)

ROSINA

Grazie, grazie!

BARTOLO

Grazie un corno!

Qua quel foglio; impertinente!

(a Rosina)

A chi dico? Presto qua.

ROSINA

Ma quel foglio che chiedete

per azzardo m’e’ cascato;

e’ la lista del bucato.

(Entrano da una parte Basilio con carte in mano, dall’altra Berta.)

BARTOLO

Ah, fraschetta! Presto qua.

(Le strappa il foglio con violenza.)

Ah, che vedo! ho preso abbaglio!

E’ la lista, son di stucco!

Ah, son proprio un mammalucco!

Ah, che gran bestialita’!

ROSINA E CONTE

(Bravo, bravo il mammalucco

che nel sacco entrato e’ gia’.)

BERTA

(Non capisco, son di stucco;

qualche imbroglio qui ci sta.)

ROSINA

(piangendo)

Ecco qua! sempre un’istoria;

sempre oppressa e maltrattata;

ah, che vita disperata!

Non la so piu’ sopportar.

BARTOLO

(avvicinandosile)

Ah, Rosina poverina

CONTE

(minacciando e afferrandolo per un braccio)

Via qua tu, cosa le hai fatto?

BARTOLO

Ah, fermate niente affatto

CONTE

(cavando la sciabola)

Ah, canaglia, traditore!

TUTTI

(trattenendolo)

Via, fermatevi, signore.

CONTE

Io ti voglio subissar!

TUTTI

(eccetto il CONTE e ROSINA)

Gente! Aiuto, soccorrete(mi/lo)

ROSINA

Ma chetatevi

CONTE

Lasciatemi!

TUTTI

(come sopra)

Gente! aiuto, per pieta’!

SCENA XIX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Figaro entrando col bacile sotto il braccio, e detti.

FIGARO

Alto la’!

Che cosa accadde

signori miei?

Che chiasso e’ questo?

Eterni Dei!

Gia’ sulla piazza

a questo strepito

s’e’ radunata

mezza citta’.

(piano al Conte)

(Signor, giudizio, per carita’.)

BARTOLO

(additando il Conte)

Quest’e’ un birbante

CONTE

(additando Bartolo)

Quest’e’ un briccone

BARTOLO

Ah, disgraziato!

CONTE

(minacciando colla sciabola)

Ah, maledetto!

FIGARO

(alzando il bacile e minacciando il Conte)

Signor soldato

porti rispetto,

o questo fusto,

corpo del diavolo,

or la creanza

le insegnera’.

(Signore, giudizio,

per carita’.)

CONTE

(a Bartolo)

Brutto scimmiotto!

BARTOLO

(al Conte)

Birbo malnato!

TUTTI

(a Bartolo)

Zitto, dottore

BARTOLO

Voglio gridare

TUTTI (al Conte)

Fermo, signore

CONTE

Voglio ammazzare

TUTTI

Fate silenzio,

per carita’.

CONTE

No, voglio ucciderlo, non v’e’ pieta’.

(Si ode bussare con violenza alla porta di strada.)

TUTTI

Zitti, che battono

Chi mai sara’?

BARTOLO

Chi e’?

UFFICIALE

Ola’!

CORO

(di dentro)

La forza,

aprite qua.

TUTTI

La forza! Oh diavolo!

FIGARO E BASILIO

L’avete fatta!

CONTE E BARTOLO

Niente paura.

Venga pur qua.

TUTTI

Quest’avventura,

ah, come diavolo

mai finira’?

SCENA XX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

(Atto I)

Un ufficiale con soldati, e detti.

CORO

Fermi tutti. Niun si mova.

Miei signori, che si fa?

Questo chiasso d’onde e’ nato?

La cagione presto qua.

BARTOLO

Questa bestia di soldato,

mio signor, m’ha maltrattato.

FIGARO

Io qua venni, mio signore,

questo chiasso ad acquetare.

BERTA E BASILIO

Fa un inferno di rumore,

parla sempre d’ammazzare.

CONTE

In alloggio quel briccone

non mi volle qui accettare.

ROSINA

Perdonate, poverino,

tutto effetto fu del vino.

UFFICIALE

Ho inteso.

(al Conte)

Galantuom, siete in arresto.

Fuori presto,

via di qua.

(I soldati si muovono per circondare il Conte.)

CONTE

Io in arresto?

Fermi, ola’.

(Con gesto autorevole trattiene i Soldati che si arrestano.

Egli chiama a se’ l’Ufficiale, gli da’ a leggere un foglio:

l’Ufficiale resta sorpreso, vuol fargli un inchino,

e il Conte lo trattiene.

L’Ufficiale fa cenno ai soldati che si ritirano indietro,

e anch’egIi fa lo stesso. Quadro di stupore.)

BARTOLO, ROSINA, BASILIO E BERTA

Fredd o/a ed immobile

come una statua

fiato non restami

da respirar.

CONTE

Freddo ed immobile

come una statua,

fiato non restagli

da respirar.

FIGARO

(ridendo)

Guarda Don Bartolo!

Sembra una statua!

Ah ah! dal ridere

sto per crepar!

BARTOLO

(all’Ufficiale)

Ma, signor…

CORO

Zitto tu!

BARTOLO

Ma un dottor…

CORO

Oh, non piu’!

BARTOLO

Ma se lei…

CORO

Non parlar!

BARTOLO

Ma vorrei…

CORO

Non gridar.

A TRE

Ma se noi…

CORO

Zitti voi.

A TRE

Ma se poi…

CORO

Pensiam noi.

Vada ognun pe’ fatti suoi,

si finisca d’altercar.

BARTOLO

Ma sentite…

A TRE

Zitto su!

Zitto giu’!

BARTOLO

Ma ascoltate..

A TRE

Zitto qua!

Zitto la’!

TUTTI

Mi par d’esser con la testa

in un’orrida fucina,

dove cresce e mai non resta

delle incudini sonore

l’importuno strepitar.

Alternando questo e quello

pesantissimo martello

fa con barbara armonia

muri e volte rimbombar.

E il cervello, poverello,

gia’ stordito, sbalordito,

non ragiona, si confonde,

si riduce ad impazzar.

Atto II

SCENA I scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Camera ad uso di studio in casa di Bartolo con sedia

ed un pianoforte con varie carte di musica.

Bartolo, solo.

BARTOLO

Ma vedi il mio destino! Quel soldato,

per quanto abbia cercato,

niun lo conosce in tutto il reggimento.

Io dubito eh, cospetto!

Che dubitar? Scommetto

che dal conte Almaviva

e’ stato qui spedito quel signore

ad esplorar della Rosina il core.

Nemmen in casa propria

sicuri si puo’ star! Ma io

(Battono.)

Chi batte?

Ehi, chi e’ di la’ Battono, non sentite!

In casa io son; non v’e’ timore, aprite.

SCENA II scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Il Conte, vestito da maestro di musica, e detto.

CONTE

Pace e gioia sia con voi.

BARTOLO

Mille grazie, non s’incomodi.

CONTE

Gioia e pace per mill’anni.

BARTOLO

Obbligato in verita’.

(Questo volto non m’e’ ignoto,

non ravviso non ricordo

ma quel volto ma quell’abito

non capisco chi sara’?)

CONTE

(Ah, se un colpo e’ andato a vuoto

a gabbar questo balordo,

un novel travestimento

piu’ propizio a me sara’.)

Gioia e pace, pace e gioia!

BARTOLO

Ho capito. (Oh! ciel! che noia!)

CONTE

Gioia e pace, ben di core.

BARTOLO

Basta, basta. per pieta’,

(Ma che perfido destino!

Ma che barbara giornata!

Tutti quanti a me davanti!

Che crudel fatalita’!)

CONTE

(Il vecchion non mi conosce:

oh, mia sorte fortunata!

Ah, mio ben! Fra pochi istanti

parlerem con liberta’.)

BARTOLO

Insomma, mio signore,

chi e’ lei si puo’ sapere?

CONTE

Don Alonso,

professore di musica ed allievo

di Don Basilio.

BARTOLO

Ebbene?

CONTE

Don Basilio sta male, il poverino, ed in sua vece…

BARTOLO

(in atto di partire)

Sta mal? Corro a vederlo

CONTE

(trattenendolo)

Piano, piano.

Non e’ mal cosi’ grave.

BARTOLO

(Di costui non mi fido.) Andiam, andiamo.

(risoluto)

CONTE

Ma signore…

BARTOLO

(brusco)

Che c’e’?

CONTE

(tirandolo a parte)

Voleva dirvi

BARTOLO

Parlate forte.

CONTE (sottovoce)

Ma…

BARTOLO

(sdegnato)

Forte, vi dico.

CONTE

(sdegnato anch’esso e alzando la voce)

Ebben, come volete,

ma chi sia Don Alonso apprenderete.

(in atto di partire)

Vo dal conte di Almaviva

BARTOLO

(trattenendolo con dolcezza)

Piano, piano.

Dite, dite, v’ascolto.

CONTE

(a voce alta e sdegnato)

Il Conte…

BARTOLO

Piano,

per carita’.

CONTE

(calmandosi)

Stamane

nella stessa locanda

era meco d’alloggio, ed in mie mani

per caso capito’ questo biglietto

(mostrando un biglietto)

dalla vostra pupilla a lui diretto.

BARTOLO

(prendendo il biglietto e guardandolo)

Che vedo! e’ sua scrittura!

CONTE

Don Basilio

nulla sa di quel foglio: ed io, per lui

venendo a dar lezione alla ragazza,

volea farmene un merito con voi

perche’ con quel biglietto

(mendicando un ripiego con qualche imbarazzo)

si potrebbe…

BARTOLO

Che cosa?

CONTE

Vi diro’

s’io potessi parlare alla ragazza,

io creder verbigrazia le farei

che me lo die’ del conte un’altra amante,

prova significante

che il conte di Rosina si fa gioco.

E percio’

BARTOLO

Piano un poco.

Una calunnia! Oh bravo!

Degno e vero scolar di Don Basilio!

(lo abbraccia, e mette in tasca il biglietto)

Io sapro’ come merita

ricompensar si’ bel suggerimento.

Vo a chiamar la ragazza;

poiche’ tanto per me v’interessate,

mi raccomando a voi.

CONTE

Non dubitate.

(Bartolo entra nella camera di Rosina)

L’affare del biglietto

dalla bocca m’e’ uscito non volendo.

Ma come far? Senza d’un tal ripiego

mi toccava andar via come un baggiano.

Il mio disegno a lei

ora palesero’; s’ella acconsente,

io son felice appieno.

Eccola. Ah, il cor sento balzarmi in seno.

SCENA III scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Bartolo conducendo Rosina, e detto.

BARTOLO

Venite, signorina. Don Alonso,

che qui vedete, or vi dara’ lezione.

ROSINA

(vedendo il Conte)

Ah!

BARTOLO

Cos’e’ stato?

ROSINA

E’ un granchio al piede.

CONTE

Oh nulla:

sedete a me vicin, bella fanciulla.

Se non vi spiace, un poco di lezione,

di Don Basilio invece, vi daro’.

ROSINA

Oh, con mio gran piacer la prendero’.

CONTE

Che volete cantare?

ROSINA

Io canto, se le aggrada,

il rondo’ dell’Inutil Precauzione.

BARTOLO

E sempre, sempre in bocca

l’Inutil Precauzione!

ROSINA

Io ve l’ho detto:

e’ il titolo dell’opera novella.

BARTOLO

Or bene, intesi; andiamo.

ROSINA

Eccolo qua.

CONTE

Da brava, incominciamo.

(il Conte siede al pianoforte e Rosina canta accompagnata dal Conte;

Bartolo siede ed ascolta.)

ROSINA

Contro un cor

che accende amore

di verace, invitto ardore,

s’arma invan poter tiranno

di rigor, di crudelta’.

D’ogni assalto vincitore

sempre amor trionfera’.

Ah Lindoro, mio tesoro,

se sapessi, se vedessi!

Questo cane di tutore,

ah, che rabbia che mi fa!

Caro, a te mi raccomando,

tu mi salva, per pieta’.

CONTE

Non temer, ti rassicura;

sorte amica a noi sara’.

ROSINA

Dunque spero?

CONTE

A me t’affida.

ROSINA

E il mio cor?

CONTE

Giubilera’.

ROSINA

Cara immagine ridente,

dolce idea d’un lieto amore,

tu m’accendi in petto il core,

tu mi porti a delirar.

CONTE

Bella voce! Bravissima!

ROSINA

Oh! mille grazie!

BARTOLO

Certo, bella voce,

ma quest’aria, cospetto! e’ assai noiosa;

la musica a’ miei tempi era altra cosa.

Ah! quando, per esempio,

cantava Caffariello

quell’aria portentosa la, ra, la

sentite, Don Alonso: eccola qua.

Quando mi sei vicina,

amabile Rosina

l’aria dicea Giannina,

ma io dico Rosina

(Entra Figaro col bacile sotto il braccio, e si pone dietro Bartolo

imitando il canto con caricatura.)

Il cor mi brilla in petto,

mi balla il minuetto

SCENA IV scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Figaro e detti.

BARTOLO

(avvedendosi di Figaro)

Bravo, signor barbiere,

ma bravo!

FIGARO

Eh, niente affatto:

scusi, son debolezze.

BARTOLO

Ebben, qui dunque

che vieni a fare?

FIGARO

Oh bella!

Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca.

BARTOLO

Oggi non voglio.

FIGARO

Oggi non vuol? Domani

non potro’ io.

BARTOLO

Perche’?

FIGARO

Perche’ ho da fare

a tutti gli Ufficiali

del nuovo reggimento barba e testa

alla marchesa Andronica

il biondo parrucchin coi marone’

al contino Bombe’

il ciuffo a campanile

purgante all’avvocato Bernardone

che ieri s’ammalo’ d’indigestione

e poi e poi che serve?

(riponendosi in tasca il libro)

Doman non posso.

BARTOLO

Orsu’, meno parole.

Oggi non vo’ far barba.

FIGARO

No? Cospetto!

Guardate che avventori!

Vengo stamane: in casa v’e’ l’inferno

ritorno dopo pranzo: oggi non voglio

(contraffacendolo)

Ma che? M’avete preso

per un qualche barbier da contadini?

Chiamate pur un altro, io me ne vado.

(Riprende il bacile in atto di partire.)

BARTOLO

(Che serve? a modo suo;

vedi che fantasia!)

Va in camera a pigliar la biancheria.

(Si cava dalla cintola un mazzo di chiavi per darle a Figaro, indi le ritira.)

No, vado io stesso.

(Entra.)

FIGARO

(Ah, se mi dava in mano

il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.)

(a Rosina)

Dite: non e’ fra quelle

la chiave che apre quella gelosia?

ROSINA

Si’, certo; e’ la piu’ nuova.

BARTOLO

(rientrando)

(Ah, son pur buono

a lasciar qua quel diavolo di barbiere!)

Animo, va tu stesso.

(dando le chiavi a Figaro)

Passato il corridor, sopra l’armadio

il tutto troverai.

Bada, non toccar nulla

FIGARO

Eh, non son matto.

(Allegri!) Vado e torno. (Il colpo e’ fatto.)

(Entra.)

BARTOLO

(al conte)

E’ quel briccon, che al Conte

ha portato il biglietto di Rosina.

CONTE

Mi sembra un imbroglion di prima sfera.

BARTOLO

Eh, a me non me la ficca

(Si sente di dentro un gran rumore come di vasellame che si spezza.)

Ah, disgraziato me!

ROSINA

Ah, che rumore!

BARTOLO

Oh, che briccon! Me lo diceva il core.

(Entra.)

CONTE

(a Rosina)

Quel Figaro e’ un grand’uomo; or che siam soli,

ditemi, o cara: il vostro al mio destino

d’unir siete contenta?

Franchezza!

ROSINA

(con entusiasmo)

Ah, mio Lindoro,

altro io non bramo

(Si ricompone vedendo rientrar Bartolo e Figaro.)

CONTE

Ebben?

BARTOLO

Tutto mi ha rotto;

sei piatti, otto bicchieri, una terrina.

FIGARO

(mostrando di soppiatto al Conte la chiave della gelosia

che avra’ rubata dal mazzo)

Vedete che gran cosa! Ad una chiave

se io non mi attaccava per fortuna,

per quel maledettissimo

corridor cosi’ oscuro,

spezzato mi sarei la testa al muro.

Tiene ogni stanza al buio, e poi e poi…

BARTOLO

Oh, non piu’.

FIGARO

Dunque andiam.

(al Conte e Rosina)

(Giudizio.)

BARTOLO

A noi.

(Si dispone per sedere e farsi radere. In quella entra Basilio.)

SCENA V scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Don Basilio e detti.

ROSINA

Don Basilio!

CONTE

(Cosa veggo!)

FIGARO

(Quale intoppo!)

BARTOLO

Come qua?

BASILIO

Servitor di tutti quanti.

BARTOLO

(Che vuol dir tal novita’?)

CONTE E FIGARO

(Qui franchezza ci vorra’.)

ROSINA

(Ah, di noi che mai sara’?)

BARTOLO

Don Basilio, come state?

BASILIO

(stupito)

Come sto?

FIGARO

(interrompendo)

Or che s’aspetta?

Questa barba benedetta

la facciamo si’ o no?

BARTOLO

(a Figaro)

Ora vengo!

(a Basilio)

E il Curiale?

BASILIO

(stupito)

Il Curiale?

CONTE

(interrompendo, a Basilio)

Io gli ho narrato

che gia’ tutto e’ combinato.

Non e’ ver?

BARTOLO

Si’, tutto io so.

BASILIO

Ma, Don Bartolo, spiegatevi..

CONTE

(a Bartolo)

Ehi, Dottore, una parola.

(a Basilio)

Don Basilio, son da voi.

(a Bartolo)

Ascoltate un poco qua.

(Fate un po’ ch’ei vada via,

ch’ei ci scopra ho gran timore:

della lettera, signore,

ei l’affare ancor non sa.)

BARTOLO

(Dite bene, mio signore;

or lo mando via di qua.)

ROSINA

(Io mi sento il cor tremar!)

FIGARO

(Non vi state a disperar.)

BASILIO

(Ah, qui certo v’e’ un pasticcio;

non l’arrivo a indovinar.)

CONTE

(a Basilio)

Colla febbre, Don Basilio,

che v’insegna a passeggiar?

(Figaro ascoltando con attenzione si prepara a secondare il Conte)

BASILIO

(stupito)

Colla febbre?

CONTE

E che vi pare?

Siete giallo come un morto.

BASILIO

Come un morto?

FIGARO

(tastando il polso a Basilio)

Bagattella!

Cospetton! Che tremarella!

Questa e’ febbre scarlattina!

CONTE

(Da’ a Basilio una borsa di soppiatto.)

Via, prendete medicina,

non vi state a rovinar.

FIGARO

Presto, presto, andate a letto

CONTE

Voi paura inver mi fate

ROSINA

Dice bene, andate, andate

TUTTI

Presto, andate a riposar.

BASILIO

(Una borsa! Andate a letto!

Ma che tutti sian d’accordo!)

TUTTI

Presto a letto.

BASILIO

Eh, non son sordo.

Non mi faccio piu’ pregar.

FIGARO

Che color!

CONTE

Che brutta cera!

BASILIO

Brutta cera!

CONTE, FIGARO E BARTOLO

Oh, brutta assai!

BASILIO

Dunque vado

TUTTI

Vada, vada!

Buona sera, mio signore,

presto, andate via di qua.

(Maledetto seccatore!)

Pace, sonno e sanita’.

BASILIO

Buona sera ben di core

poi diman si parlera’.

Non gridate, ho inteso gia’.

(Parte.)

SCENA VI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Rosina, Conte, Figaro e Bartolo.

FIGARO

Orsu’, signor Don Bartolo

BARTOLO

Son qua.

(Bartolo siede, Figaro gli cinge al collo un asciugatoio

disponendosi a fargli la barba;

durante l’operuzione Figaro va coprendo i due amanti.)

Stringi, bravissimo.

CONTE

Rosina, deh, ascoltatemi.

ROSINA

Vi ascolto; eccomi qua.

(Siedono fingendo studiar musica)

CONTE

(a Rosina, con cautela)

A mezzanotte in punto

a prendervi qui siamo:

or che la chiave abbiamo

non v’e’ da dubitar.

FIGARO

(distraendo Bartolo)

Ahi! ahi!

BARTOLO

Che cos’e’ stato?

FIGARO

Un non so che nell’occhio!

Guardate non toccate

soffiate per pieta’

ROSINA

A mezzanotte in punto,

anima mia, t’aspetto.

Io gia’ l’istante affretto

che a te mi stringera’.

CONTE

Ora avvertir vi voglio,

(Bartolo si alza e si avvicina agli amanti.)

cara, che il vostro foglio,

perche’ non fosse inutile

il mio travestimento

BARTOLO

(scattando)

Il suo travestimento?

Ah, ah! brava, bravissimo!

Ma bravi in verita’!

Bricconi, birbanti!

Ah, voi tutti quanti

avete giurato

di farmi crepar!

Su, fuori, furfanti,

vi voglio accoppar.

Di rabbia, di sdegno

mi sento crepar.

ROSINA, CONTE E FIGARO

L’amico delira,

la testa gli gira.

Ma zitto, Dottore,

vi fate burlar.

Tacete, tacete,

non serve gridar.

Intesi gia’ siamo,

non vo’ replicar.)

(Partono, meno Bartolo.)

SCENA VII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Bartolo solo, poi Ambrogio, indi Berta.

BARTOLO

Ah! disgraziato me! ma come! ed io

no mi accorsi di nulla! Ah! Don Basilio

sa certo qualcosa. Ehi! chi e’ di la’?

Chi e’ di la’?

(Comparisce Ambrogio.)

Senti, Ambrogio:

corri da Don Basilio qui rimpetto,

digli ch’io qua l’aspetto,

che venga immantinente

che ho gran cose da dirgli e ch’io non vado

perche’ perche’ perche’ ho di gran ragioni.

Va’ subito.

(Ambrogio parte ed entra Berta.)

(a Berta)

Di guardia

tu piantati alla porta, e poi no, no

non me ne fido. Io stesso ci staro’.

(Parte.)

SCENA VIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Berta, sola.

BERTA

Che vecchio sospettoso! Vada pure

e ci stia finche’ crepi

Sempre gridi e tumulti in questa casa;

si litiga, si piange, si minaccia

Non v’e’ un’ora di pace

con questo vecchio avaro, brontolone!

Oh, che casa! Oh, che casa in confusione!

Il vecchiotto cerca moglie,

vuol marito la ragazza;

quello freme, questa e’ pazza.

Tutti e due son da legar.

Ma che cosa e’ questo amore

che fa tutti delirar?

Egli e’ un male universale,

una smania, un pizzicore

un solletico, un tormento

Poverina, anch’io lo sento,

ne’ so come finira’.

Oh! vecchiaia maledetta

Sei da tutti disprezzata

E vecchietta disperata

mi convien cosi’ crepar.

(Parte.)

SCENA IX scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Camera con griglia come nel primo atto.

Bartolo e Don Basilio.

BARTOLO

(introducendo Don Basilio)

Dunque voi Don Alonso

non conoscete affatto?

BASILIO

Affatto.

BARTOLO

Ah, certo

il Conte lo mando’.

Qualche gran tradimento

qui si prepara.

BASILIO

Io poi

dico che quell’amico

era il Conte in persona.

BARTOLO

Il Conte?

BASILIO

Il Conte.

(La borsa parla chiaro.)

BARTOLO

Sia chi si vuole amico, dal notaro

vo’ in questo punto andare; in questa sera

stipular di mie nozze io vo’ il contratto.

BASILIO

Il notar? siete matto?

Piove a torrenti, e poi

questa sera il notaro

e’ impegnato con Figaro; il barbiere

marita sua nipote.

BARTOLO

Una nipote?

Che nipote! Il barbiere

non ha nipoti. Ah, qui v’e’ qualche imbroglio.

Questa notte i bricconi

me la voglion far; presto, il notaro

qua venga sull’istante.

(Gli da’ una chiave.)

Ecco la chiave del portone: andate,

presto, per carita’.

BASILIO

Non temete; in due salti io torno qua.

(Parte.)

SCENA X scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Bartolo, indi Rosina.

BARTOLO

Per forza o per amore

Rosina avra’ da cedere. Cospetto!

Mi viene un’altra idea. Questo biglietto

(Cava dalla tasca il biglietto datogli dal Conte.)

che scrisse la ragazza ad Almaviva

potria servir che colpo da maestro!

Don Alonso, il briccone,

senza volerlo mi die’ l’armi in mano.

Ehi, Rosina, Rosina, avanti, avanti;

(Rosina dalle sue camere entra senza parlare.)

del vostro amante io vi vo’ dar novella.

Povera sciagurata! In verita’

collocaste assai bene il vostro affetto!

Del vostro amor sappiate

ch’ei si fa gioco in sen d’un’altra amante.

Ecco la prova.

(Le da’ il biglietto.)

ROSINA

(con doloroso stupore)

(Oh cielo! il mio biglietto!)

BARTOLO

Don Alonso e il barbiere congiuran

contro voi; non vi fidate.

Nelle braccia del Conte d’Almaviva

vi vogliono condurre.

ROSINA

(In braccio a un altro!

Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore!

Ah si’! vendetta e vegga,

vegga quell’empio chi e’ Rosina.) Dite

signore, di sposarmi

voi bramavate

BARTOLO

E il voglio.

ROSINA

Ebben, si faccia!

Io son contenta! ma all’istante. Udite:

a mezzanotte qui sara’ l’indegno

con Figaro il barbier; con lui fuggire

per sposarlo io voleva

BARTOLO

Ah, scellerati!

Corro a sbarrar la porta.

ROSINA

Ah, mio signore!

Entran per la finestra. Hanno la chiave.

BARTOLO

Non mi muovo di qui.

Ma e se fossero armati? Figlia mia,

poiche’ tu sei si’ bene illuminata

facciam cosi’. Chiuditi a chiave in camera,

io vo a chiamar la forza;

diro’ che son due ladri, e come tali,

corpo di Bacco! l’avrem da vedere!

Figlia, chiuditi presto; io vado via.

(Parte.)

ROSINA

Quanto, quanto e’ crudel la sorte mia!

(Parte.)

Scoppia un temporale.

Dalla finestra di prospetto si vedono freguenti lampi,

e si sente il rumore del tuono.

Sulla fine del temporale si vede dal di fuori aprirsi la gelosia,

ed entrano uno dopo l’altro Figaro ed il Conte avvolti in mantelli

e bagnati dalla pioggia.

Figaro avra’ in mano una lanterna accesa.

SCENA XI scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Il Conte e Figaro, indi Rosina.

FIGARO

Alfin, eccoci qua.

CONTE

Figaro, dammi man. Poter del mondo!

Che tempo indiavolato!

FIGARO

Tempo da innamorati.

CONTE

Ehi, fammi lume.

(Figaro accende i lumi.)

Dove sara’ Rosina?

FIGARO

(spiando)

Ora vedremo Eccola appunto.

CONTE

(con trasporto)

Ah, mio tesoro!

ROSINA

(respingendolo)

Indietro,

anima scellerata; io qui di mia

stolta credulita’ venni soltanto

a riparar lo scorno, a dimostrarti

qual sono, e quale amante

perdesti, anima indegna e sconoscente.

CONTE

(sorpreso)

Io son di sasso.

FIGARO

(sorpreso)

lo non capisco niente.

CONTE

Ma per pieta’

ROSINA

Taci. Fingesti amore

per vendermi alle voglie

di quel tuo vil Conte Almaviva

CONTE

(con gioia)

Al Conte?

Ah, sei delusa! oh me felice adunque

tu di verace amore

ami Lindor rispondi

ROSINA

Ah, si’! t’amai purtroppo!

CONTE

Ah, non e’ tempo

di piu’ celarsi, anima mia; ravvisa

(S’inginocchia gettando il mantello che viene raccolto da Figaro.)

colui che si’ gran tempo

segui’ tue tracce, che per te sospira,

che sua ti vuole; mira, o mio tesoro,

Almaviva son io, non son Lindoro.

ROSINA

(stupefatta, con gioia)

(Ah! qual colpo inaspettato!

Egli stesso? o Ciel, che sento!

Di sorpresa e di contento

son vicina a delirar.)

FIGARO

(Son rimasti senza fiato:

ora muoion di contento.

Guarda, guarda il mio talento

che bel colpo seppe far!)

CONTE

(Qual trionfo inaspettato!

Me felice! oh bel momento!

Ah! d’amore e di contento

son vicino a delirar.)

ROSINA

Mio signor! ma voi ma io…

CONTE

Ah, non piu’, non piu’, ben mio.

Il bel nome di mia sposa,

idol mio, t’attende gia’.

ROSINA

Il bel nome di tua sposa

oh, qual gioia al cor mi da’!

CONTE

Sei contenta!

ROSINA

Ah! mio signore!

ROSINA E CONTE

Dolce nodo avventurato

che fai paghi i miei desiri!

Alla fin de’ miei martiri

tu sentisti, amor, pieta’.

FIGARO

Presto andiamo, vi sbrigate;

via, lasciate quei sospiri.

Se si tarda, i miei raggiri

fanno fiasco in verita’.

(guardando fuori del balcone)

Ah! cospetto! che ho veduto!

Alla porta una lanterna

due persone! che si fa?

CONTE

Hai veduto due persone?

FIGARO

Si’, signore.

ROSINA, CONTE E FIGARO

Che si fa?

Zitti, zitti, piano, piano,

non facciamo confusione;

per la scala del balcone

presto andiamo via di qua.

FIGARO

(con angoscia)

Ah, disgraziati noi! come si fa?

CONTE

Che avvenne mai?

FIGARO

La scala

CONTE

Ebben?

FIGARO

La scala non v’e’ piu’.

CONTE

(sorpreso)

Che dici?

FIGARO

Chi mai l’avra’ levata?

CONTE

Quale inciampo crudel!

ROSINA

(con dolore)

Me sventurata!

FIGARO

Zitti zitti sento gente. Ora ci siamo.

Signor mio, che si fa?

CONTE

Mia Rosin, coraggio.

(Si avvolge nel mantello.)

FIGARO

Eccoli qua.

(Si ritirano verso una delle quinte.)

SCENA XII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaro con carte.

BASILIO

(chiamando alla quinta opposta)

Don Bartolo! Don Bartolo!

FIGARO

(accennando al Conte)

Don Basilio.

CONTE

E quell’altro?

FIGARO

Ve’, ve’, il nostro notaro. Allegramente.

Lasciate fare a me. Signor Notaro:

(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi.

Il Notaro si avvicina a Figaro.)

dovevate in mia casa

stipular questa sera

il contratto di nozze

fra il conte d’Almaviva e mia nipote.

Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso

la scrittura?

(I1 notaro cava la scrittura.)

Benissimo.

BASILIO

Ma piano.

Don Bartolo dov’e’?

CONTE

(chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito,

e additandogli di tacere)

Ehi, Don Basilio,

quest’anello e’ per voi

BASILIO

Ma io…

CONTE

(cavando una pistola)

Per voi

vi son ancor due palle nel cervello

se v’opponete.

BASILIO

(Prende l’anello.)

Oibo’, prendo l’anello.

Chi firma?

CONTE E ROSINA

Eccoci qua.

(sottoscrivono)

CONTE

Son testimoni

Figaro e Don Basilio. Essa e’ mia sposa.

FIGARO E BASILIO

Evviva!

CONTE

Oh, mio contento!

ROSINA

Oh, sospirata mia felicita’!

FIGARO

Evviva!

(Nell’atto che il Conte bacia la mano a a Rosina,

Figaro abbraccia goffamente Basilio,

ed entrano Don Bartolo e un Uffiziale con Soldati.)

SCENA XIII scena 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (Atto II)

Bartolo, Un Uffiziale con Soldati, e detti.

BARTOLO

(additanto Figaro ed il Conte all’Alcade ed ai soldati,

e slanciandosi contro Figaro)

Fermi tutti. Eccoli qua.

UFFIZIALE

Colle buone, signor.

BARTOLO

Signor, son ladri.

Arrestate, arrestate.

UFFIZIALE

Mio signore,

il suo nome?

CONTE

Il mio nome e’ quel d’un uom d’onor.

Lo sposo io sono di questa…

BARTOLO

Eh, andate al diavolo! Rosina

esser deve mia sposa: non e’ vero?

ROSINA

Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.

BARTOLO

Come? Come, fraschetta?

(additando il Conte)

Arrestate, vi dico e’ un ladro.

FIGARO

Or or l’accoppo.

BARTOLO

E’ un furfante, e’ un briccon.

UFFIZIALE

(al Conte)

Signore

CONTE

Indietro!

UFFIZIALE

(con impazienza)

Il nome?

CONTE

Indietro, dico, indietro

UFFIZIALE

Ehi, mio signor! basso quel tono.

Chi e’ lei?

CONTE

Il Conte d’Almaviva io sono.

BARTOLO

Il Conte! Ah, che mai sento!

Ma cospetto!

CONTE

T’accheta, invan t’adopri,

resisti invan. De’ tuoi rigori insani

giunse l’ultimo istante. In faccia al mondo

io dichiaro altamente

costei mia sposa.

(a Rosina)

Il nostro nodo, o cara,

opra e’ d’amore. Amore,

che ti fe’ mia consorte

a te mi stringera’ fino alla morte.

Respira omai: del fido sposo in braccio,

vieni, vieni a goder sorte piu’ lieta.

BARTOLO

Ma io…

CONTE

Taci

BASILIO

Ma voi…

CONTE

Ola’, t’accheta.

Cessa di piu’ resistere,

non cimentar mio sdegno.

Spezzato e’ il gioco indegno

di tanta crudelta’.

Della belta’ dolente,

d’un innocente amore

l’avaro tuo furore

piu’ non trionfera’.

E tu, infelice vittima

d’un reo poter tiranno,

sottratta al giogo barbaro,

cangia in piacer l’affanno

e in sen d’un fido sposo

gioisci in liberta’, Cari amici

CORO

Non temete.

CONTE

Questo nodo

CORO

Non si scioglie,

sempre a lei vi stringera’.

CONTE

Ah, il piu’ lieto, il piu’ felice

e’ il mio cor de’ cori amanti;

non fuggite, o lieti istanti

della mia felicita’.

CORO

Annodar due cori amanti

e’ piacer che egual non ha.

BARTOLO

Insomma, io ho tutti i torti

FIGARO

Eh, purtroppo e’ cosi’!

BARTOLO

(a Basilio)

Ma tu, briccone,

tu pur tradirmi e far da testimonio!

BASILIO

Ah, Don Bartolo mio, quel signor Conte

certe ragioni ha in tasca,

certi argomenti a cui non si risponde.

BARTOLO

Ed io, bestia solenne,

per meglio assicurare il matrimonio,

io portai via la scala del balcone.

FIGARO

Ecco che fa un’Inutil Precauzione.

BARTOLO

Ma e la dote? io non posso…

CONTE

Eh, via; di dote

io bisogno non ho: va, te la dono.

FIGARO

Ah, ah! ridete adesso?

Bravissimo, Don Bartolo,

ho veduto alla fin rasserenarsi

quel vostro ceffo amaro e furibondo.

Eh, i bricconi han fortuna in questo mondo.

ROSINA

Dunque, signor Don Bartolo?

BARTOLO

Si’, si’, ho capito tutto.

CONTE

Ebben, dottore?

BARTOLO

Si’, si’, che serve? quel ch’e’ fatto e’ fatto.

Andate pur, che il ciel vi benedica.

FIGARO

Bravo, bravo, un abbraccio;

venite qua, dottore.

ROSINA

Ah, noi felici!

CONTE

Oh, fortunato amore!

FIGARO

Di si’ felice innesto

serbiam memoria eterna;

io smorzo la lanterna;

qui piu’ non ho che far.

(Smorza la lanterna.)

ROSINA

Costo’ sospiri e pianti

un si’ felice istante:

alfin quest’almsa amante

comincia a respirar.

CORO

Amore e fede eterna

si vegga in voi regnar.

F I N E

Bach: Bernard Gavoty a l’orgue de st-louis des invalides

Bach: Bernard Gavoty a l’orgue de st-louis des invalides

Lato A:
1. Preludio e fuga in sol magg BWV 541
2. Choral “Viens, seigneur des paiens” BWV 659
3. Choral “Maintenant, rejouissez-vous” BWV 734
4. Choral “Levez yous, la voix du veilleur vous appelle” BWV 645
5. Choral “Ardemment j’aspire a une fin heureuse” BWV 727
6. Choral “Seigneur Dieu, ouvre moi Ton ciel” BWV 617
7. Choral “Credo” BWV 682
Lato B
1. Choral “De profundis” BWV 686
2. Choral “Super Flumina babylonis” BWV 653
3. Passacaille et fugue en ut mineur BWV 582

Gieseking interpreta Ravel

Gieseking interpreta Ravel

Scarica qui Gieseking interpreta Ravel


Disco 1 lato A

Sonatina in fa diesis maggiore
Valses noble et sentimentales
Menuete antique

Lato B
Menuet sur le nom d’Haydn
A la maniere de chabrier
Gaspard de la nuit

Disco 2 lato A
Le tombeau de couperin
Prelude
A la maniere de borodine

Lato B
Miroirs
Pavane pour une infante defunte

Il posto occupato da Maurice Ravel nella storia della musica, cosi come la sua stessa personalità artistica, ha suscitato sempre polemiche e commenti contraddittori. Questo piccolo basco, che a volte non riusciva a nascondere la sua provenienza dai Bassi Pirenei ed altre rassomigliava a un vecchio marinaio intento a giochi infantili, come dice Maurice Délage, apparteneva senza dubbio all’ambito spirituale dell’impressionismo. Ma egli seppe anche raggiungere e conservare sempre una forma tutta sua e ben individuata. Tale individualità, inserita in un carattere decisamente equilibrato, lo avrebbe spinto a cercare sempre nuovi procedimenti per esprimere se stessa. La natura lo aveva dotato di una mano meravigliosamente sottile, di lunghe dita e di un pollice che poteva estendersi a coprire due note bianche contemporaneamente. E quindi al pianoforte che egli da la sua prima composizione quando era ancora allievo di Charles Beriot al Conservatorio; nasce quella Sérénade grotesque del 1894 che Roland Manuel pone all’origine di tutta la sua produzione in un’epoca in cui Ravel e affascinato dai Valrex romantique: di Chabrier ed e pienamente cosciente delle Sarabandex di Satie. Ma nel brano ci si sforzerebbe inutilmente di cercare quella tecnica del pollice di cui si e detto, cosi com’è assente quel senso ironico che caratterizzerà la sua produzione posteriore, un senso che è soltanto presente nel titolo. La tecnica raveliana e assente anche da Menuet antique del 1895 e dalla Pavane pour une Infante defunte del 1899 dove invece l`autore sfoggia un innato senso di equilibrio armonico che colora con leggeri tocchi una forma austera e un po’ arcaica. La forma che Ravel perfezionerà in seguito non si trova tanto dissolta nel colore quanto condensata in linee di incredibile cantabilità e in dolcissime sonorità. Il suo gusto armonico deriva soprattutto dalla combinazione di quelle appoggiature che non risolvono. La note a cote si attacca all’accordo, lo colora e lo ingemma. E sempre sostiene l’impalcatura la profonda sensibilità cantabile ed elegante che crea una musica espressiva e soggettiva. Il senso che ne deriva è quello di una malinconia sensuale. Seguendo Cortot, è interessante a questo punto notare le idee errate che impediscono una piena comprensione dell’arte raveliana. La prima di quelle affermazioni sostiene che Ravel fu emulo di Debussy, specie se si tiene conto di un’affermazione fatta dal musicista di Ciboure che sosteneva di aver capito che cos’era la musica “asco1tando per la prima volta il Prélude a l’aprés midi d’un faune”. Ma c’è anche una altra affermazione di Ravel che ridimensiona la questione. Accusato di plagio da Edouard Lalo per i suoi ]eux d’eau fece il punto tramite una lettera pubblicata dal giornale Le Temp: il 9 aprile 1907; “Lei si dilunga eccessivamente a mio parere, sopra un testo pianistico che ritiene piuttosto originale e di cui vuole attribuire la creazione a Claude Debussyt. Debbo avvertirla subito che ]eux d’eau e stato composto ed eseguito all’inizio dell’anno 1902. In quell’epoca, di Debussy erano noti soltanto i tre pezzi che compongono l’opera Pour le piano. Inutile riconfermare la mia sincera ed appassionata ammirazione per tale lavoro ma, per sottolineare l’inopportunità delle sue affermazioni sulla presunta influenza esercitata dall’illustre compositore nell’opera che lei critica, le debbo confessare la mia convinzione che Pour le piano, da un punto di vista strettamente pianistico, non ha rivelato nulla di nuovo”. E naturale che Ravel fosse interessato alle infinite possibilità e prospettive che l’arte di Debussy poteva offrire; ma non e men vero che Debussy abbia subito a sua volta l’influenza di Ravel, Ma per educazione, gusto, carattere, stile, i due sono completamente distanti e ognuno rappresentativo della musica francese. Una seconda idea decisamente errata e quella che vuole inesistente la sensibilità di Ravel. Le Temps del 1911 accusava il Ravel di Miroirs in questo modo: “Dove Debussy é tutta sensibilità, Ravel è completamente insensibile e prende a prestito senza esitare non soltanto la tecnica ma la sensibilità altrui”. In realtà questa idea critica può essere stata originata dalla ripulsa per l’autobiografia che Ravel sentiva prepotentemente e dal suo pudore con cui chiudeva in sé propri sentimenti che davano 1’idea del1’inesistenza della sensibilità nelle sue pagine. “La perfezione del suo mestiere ” dice Cortot, “che feconda la sensibilità rendendola creatrice, non è stata riconosciuta sufficientemente come una delle fonti del suo genio”. Un rigore inflessibile contrassegnava la musica di Ravel opponendola alla libertà di quella di Debussy. “Io non voglio che s’interpreti la mia musica “, disse un giorno l’autore dl ]eux d’eau a un gruppo di giovani che gli chiedevano lumi sul1’interpretazione, “e abbastanza che la si suoni”. Ancora più rivelatore e quanto scrive a jules Renard: “Il mio scopo è quello di dire con la musica quello che voi dire con le paro1e… Io penso e sento la musica. C’è la musica istintiva, sentimentale: la mia; e poi c’è la musica intellettuale: quella di d’Indy “. Sempre secondo Cortot, ci sono quattro principi essenziali che differenziano Debussy e Ravel: il carattere del linguaggio musicale, la realizzazione strumentale, la scelta dei soggetti e gli influssi. Proprio perché la sensibilità di Ravel è più contenuta e nascosta, in Debussy essa si manifesta a livello del genio; ma in Ravel e l’inte1ligenza che emerge in pieni poteri organizzativi. Come si e detto Ravel debuttò nella composizione con quella Sérénade grotesque rimasta inedita e composta a11’epoca del Conservatorio. Ma già l’anno successivo Ravel lasciava perplessi i componenti la commissione d’esame con il Menuet antique scritto proprio come prova d’esame. Sebbene la data di comp0sizK1e sia il 1895, il lavoro fu pubblicato molto più tardi da Enoch e quindi orchestrato. I _membri della commissione non erano certo abituati a trovare rama personalità in uno scolaro del Conservatorio infatti il Menuet, un insieme di “atticismo e di Amore parodistico” , rinchiude tutta l’essenza di Ravel con il suo ritmo nervoso la linea raffinata, la sottigliezza armonica. Non si tratta certamente di un’opera amena e la sua stessa cadenza gli conferisce una gravità che comunque non si riallaccia ai tempi arcadici. “un costante regime di ritardi e appoggiature”, dice Cortot, il gioco quasi severo delle imitazioni che fanno passare il soggetto dalla mano destra a quella sinistra, rivestono l’esposizione del Minuetto propriamente detto di un accento singolarmente volontaristico”. Sites auriculaires composto dall’Habanera e da Entre clochex appartiene alla stessa epoca, 1895-1896, ed e 1’opera alla quale si deve l’affermazione di Ravel. Scritta per due pianoforti e presentata da Ricardo Vines e da Marta Dron alla Société National nel 1898, Sites auriculaires presenta con l`Habanera un Ravel che ricorre a tutte le nuove sonorità e che, nonostante i suoi diciannove anni, proporziona meravigliosamente. Nel 1907 queste stesse sonorità presero la forma orchestrale e l’Habanera fu incorporata nella Rapsodia spagnola; nella loro forma originale i due brani che compongono Sites auriculuires sono rimasti inediti. Nonostante Gieseking non presenti queste due composizioni per due pianoforti in questa raccolta delle opere pianistiche di Ravel, e stato necessario un cenno sulla Habanera dato l’importanza che essa riveste nell’evoluzi0one del musicista francese. Notissima invece, ma ripudiata dal proprio autore, e la Pavane pour une Infante defunte scritta nel 1899 per pianoforte e più tardi orchestrata. Il titolo potrebbe far pensare a qualche terribile dramma dal quale Ravel avesse tratto ispirazione: invece, per lui, “suonava bene e basta”. Fu Raymond Schwab che abbinò alla musica in un secondo tempo il racconto di una “Infanta” spagnola che danzò questa Pavana il giorno del suo decimo compleanno e non volle mai più ascoltare altra musica all’infuori di questa. Ma Ravel non amava questa sua creatura: “Non provo nessuno imbarazzo a parlarne: è abbastanza vecchia perché sia abbandonata dal compositore nelle mani del critico. A cosi tanta distanza io non ne vedo più le qualità! Ma, ahimè, ne percepisco completamente tutti i difetti: l’influenza di Chabrier, troppo scoperta, e la forma abbastanza povera”. Un giorno però in cui ascoltava un pianista che la eseguiva in un tempo lentissimo la difese in questo modo: “Un’altra volta, si ricordi che io ho scritto una Puvane pour une Infante defunte e non una pavana defunta per una Infanta”. Rimane il fatto che le critiche di Ravel alla sua opera sono giustificate: la melodia è alquanto incolore, il fascino ha sapore dolciastro e la stessa maestria strumentale di Ravel è minacciata da sorprendenti goffaggini che sono parzialmente eliminate soltanto nella versione sinfonica, La costruzione musicale del brano è basata sulla triplice ripetizione della stessa frase melodica; ogni ripetizione è separata dall’altra da un intermezzo.

Mahler: Sinfonia nr.3

La Sinfonia n. 3 in re minore di Gustav Mahler, fu composta tra il 1893 e il 1896, ed eseguita per la prima volta solo nel 1902, è la più lunga sinfonia che sia mai stata scritta, una esecuzione dura infatti in media circa 95 minuti.

Scarica qui la sinfonia nr.3 di Mahler

Struttura

Nella sua forma definitiva la sinfonia è divisa in sei movimenti:
1. Kräftig entschieden (Forte e risoluto)
2. Tempo di Menuetto
3. Comodo (Scherzando)
4. Sehr langsam – Misterioso (Molto lento – misterioso)
5. Lustig im Tempo und keck im Ausdruck (In tempo vivace e sfrontato nell’espressione)
6. Langsam – Ruhevoll – Empfunden (Lentamente, tranquillo, profondamente sentito)

Il solo primo movimento, che dura all’incirca trenta o quaranta minuti, è la prima parte della sinfonia. La seconda parte è composta dagli altri cinque movimenti e dura fra sessanta e settanta minuti.
Come per tutte le prime quattro sinfonie, in origine Mahler aveva previsto una sorta di programma che aiutasse a spiegare il contenuto musicale della composizione; in questo caso aggiunse un titolo per ciascuno dei sei movimenti:
1. Pan erwacht. Der Sommer marschiert ein (Pan si risveglia, arriva l’estate)
2. Was mir die Blumen auf der Wiese erzählen (Quello che i fiori narrano)
3. Was mir die Tiere im Walde erzählen (Quello che gli animali della foresta mi raccontano)
4. Was mir der Mensch erzählt (Quello che l’uomo mi racconta)
5. Was mir die Engel erzählen (Quello che gli angeli mi raccontano)
6. Was mir die Liebe erzählt (Quello che l’amore mi racconta)

I titoli vennero eliminati prima della pubblicazione nel 1898.

Analisi
Il lunghissimo primo tempo (oltre mezz’ora di durata) inizia con un plastico tema eseguito dagli otto corni all’unisono, che verrà sviluppato per tutto il movimento; solo dopo una smisurata e cupa introduzione il movimento si trasforma a poco a poco in una marcia quasi orgiastica, in cui alcuni hanno visto la descrizione del risveglio del dio Pan
Il secondo movimento è un minuetto con il sottotitolo Was mir die Blumen auf der Wiese erzählen (Quello che i fiori narrano) che guarda decisamente alle atmosfere ovattate del classicismo mozartiano.
Il terzo movimento è una specie di cavalcata notturna con motivi rielaborati dal Wunderhorn, inframmezzato da lunghe oniriche frasi affidate ad una cornetta da postiglione (flicorno) posta dietro le quinte. Anche qui c’è un sottotitolo: “Quello che gli animali mi narrano”.
Nel quarto e quinto tempo Mahler fa di nuovo ricorso alla voce umana (lied per contralto, coro e orchestra che porta il sottotitolo: “Quello che sussurra la notte”). Nel quarto movimento un contralto intona alcuni versi tratti da Also sprach Zarathustra di Friedrich Nietzsche: il movimento è strutturalmente diviso in due strofe inframmezzate da un interludio orchestrale in cui sembra di sentire una reminiscenza della famosa canzone spagnola La Paloma.
Il quinto tempo (Quello che gli angeli mi narrano) è un breve lied di nuovo tratto dal Wunderhorn, intonato da un coro femminile con l’accompagnamento di un coro di bambini che imita onomatopeicamente il suono delle campane, rappresentando gli angeli. La sinfonia si conclude con un vastissimo Adagio in re maggiore (‘Quello che l’amore mi narra), introdotto da una lunga frase degli archi che sfocia nel tema principale, una sorta di corale che viene sviluppato nel corso del movimento fino ad apparire alla fine gridato a piena voce da tutta l’orchestra.
Il VI movimento chiude quindi il ciclo sinfonico, che nel caso della III sinfonia rappresenta la nascita della vita, rappacificando il groviglio sonoro creato con i movimenti precedenti.