Richard Strauss: Il cavaliere della rosa


Scarica qui Il cavaliere della rosa di R.Strauss

Il cavaliere della rosa (Der Rosenkavalier), commedia per musica in tre atti, è un’opera lirica in lingua tedesca che venne eseguita la prima volta il 26 gennaio 1911 alla Semperoper di Dresda (allora chiamata Königliches Opernhaus). La musica è del compositore tedesco Richard Strauss (op.58), il libretto dello scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal.
L’opera ottenne subito un successo clamoroso, e dopo la prima viennese di poco successiva, Strauss venne dichiarato “cittadino onorario” di Vienna. Fra i motivi più famosi dell’opera ci sono i valzer. Da un punto di vista rigorosamente logico si tratta di una forzatura, nel Settecento il valzer non era ancora di moda; ma dal punto di vista musicale fu una trovata geniale, cui è dovuta in gran parte il fascino dell’opera. La prima esecuzione in Italia avvenne il 1o marzo 1911 al Teatro alla Scala di Milano sotto la direzione di Tullio Serafin. Si ebbero fischi e contestazioni, perché una parte del pubblico ritenne la parte dei due intriganti Valzacchi e Annina (nomi italiani) offensiva. Perciò Strauss li modificò in Rys-Galla e Zephyra, nomi levantini. Può perciò ancora oggi capitare di trovare nei libretti questi due nomi

Commedia per musica (Komòdie fùr Musik) è stata chiamata dall’autore, e poi leggermente modificata per servire da “libretto” per la musica di Richard Strauss. L’azione si svolge a Vienna, verso la metà del XVIII secolo, durante l’impero di Maria Teresa. La marescialla principessa Maria Teresa Werdenberg, il cui consorte si trova lontano in Croazia per una lunga battuta di caccia, si dà agli amori di un giovanissimo cugino, il diciassettenne marchese Ottaviano di Rofrano. La marescialla non è più molto giovane, è ricca, molto bella, molto viziata e anche piena di umorismo, tuttavia, si rende conto con dolore che presto dovrà cedere l’amante a una donna più giovane. La commedia ha inizio con una scena d’amore e di abbandono tra i due, nella camera da letto della marescialla, la quale fa poi entrare, come era moda dell’epoca, i postulanti giunti per assistere alla sua toilette e chiedere contemporaneamente favori e denaro. Ma tra i postulanti si fa largo un altro cugino, l’anziano e vanesio barone Ochs von Lerchenau. All’irrompere di tutta questa gente, lo spiritoso Ottaviano si traveste da servetta e circola indisturbato per la stanza. Il lascivo barone ne è colpito e vorrebbe sedurla, anzi la richiede alla cugina che sorride divertita. Poi il barone spiega le ragioni della visita mattutina: si è fidanzato con la giovanissima e ricchissima Sofia Faninal, appena uscita di convento, e gli occorre un notaio per la stesura del contratto di nozze. Maria Teresa non solo acconsente di buon grado, ma si offre di consigliargli anche un giovane adatto a presentare la richiesta di nozze mediante la tradizionale offerta della rosa d’argento. Come “cavaliere della rosa” la donna propone il giovane parente Ottaviano. Il barone accetta con entusiasmo, pur continuando una serrata corte alla “servetta”. L’atto si chiude con uno sfogo dell’improvvisamente mesta marescialla, la quale confessa al suo Ottaviano di sapere che presto l’abbandonerà per una donna più giovane: è la legge della vita. Ma lui non l’ammette e parte indispettito. Il secondo atto si svolge, sempre a Vienna, nel palazzo del signor di Faninal, la cui figliola Sofia attende con ansia l’arrivo del “cavaliere della rosa”, assistita dalla governante Marianna: Sofia non conosce ancora il futuro sposo, ma è lieta di unirsi a un cos alto personaggio come il barone Lerchenau. Arriva Ottaviano a offrire la rosa d’argento alla ragazza e avviene il classico colpo di fulmine. Così al successivo arrivo del barone, che vorrebbe con maniere brusche imporre la propria seduzione alla ragazza, in un crescendo da classica commedia di costume Ottaviano s’infuria, la ragazza si disgusta, il barone s’intestardisce finchè Ottaviano sguaina la spada e ferisce l’importuno e rozzo futuro sposo. Scena di terrore, ma la ferita è lieve; Ottaviano parte con una promessa di protezione a Sofia, mentre il padre minaccia di chiudere di nuovo in convento la figlia, e il barone si affretta a farsi curare la ferita. Nel terzo atto è inscenata una trappola tesa con tutta cura da Ottaviano al lascivo barone. Egli si traveste di nuovo da servetta e finge di accettare una cena a due col barone in un separè d’una trattoria. Qui si trova anche un letto, molto eloquente indizio delle mire del barone. A un certo momento, nella stanza ha luogo una girandola di personaggi diversi: una finta moglie (con figli) del barone e poi un poliziotto chiamato dalle grida della servetta, il quale istruisce lì per lì un processo contro il malcapitato seduttore. Da ultimo arrivano la marescialla, Sofia e suo padre: la prima, già informata, comprende, perdona e unisce i due giovani, il padre si dichiara d’accordo e, su un abbraccio finale nella penombra, Ottaviano e Sofia si giurano eterno amore. Il pregio di questa, come delle successive “commedie per musica” scritte da Hofmannsthal sta in due qualità fondamentali: la lingua aderentissima all’epoca, mantenuta talora in una lieve forma dialettale che rende deliziosamente il carattere viennese frivolo eppur venato di malinconica saggezza, e poi l’eccezionale evidenza mimica e musicalmente fluida dei personaggi. Hofmannsthal ha trovato qui la più felice concordanza con la musica, anzi la sua prosa preziosa e turgida “si fa” musica e attinge, in tal modo, la sua più autentica dimensione.

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