Il filosofo di campagna, Il maestro di cappella

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Il filosofo di campagna

C.Goldoni dà piena dignità all’opera buffa, aiutato dalla musica di
Galuppi, esibendo una grande padronanza nel dosare le personalità
dei personaggi in un testo bellissimo e originale.

Il Filosofo di campagna costituisce uno degli esempi più celebri
del teatro buffo di metà Settecento: subito ‘esportato’ in tutta
Europa, conobbe anche una popolare riduzione a intermezzo in due
atti.

La trama

Atto primo. Eugenia non intende sottostare ai desideri paterni: Don
Tritemio vorrebbe infatti che la figlia sposasse il ricco ‘filosofo
di campagna’ Nardo, mentre la ragazza è innamorata del nobile
Rinaldo. La cameriera Lesbina si impegna ad aiutarla, ma Don
Tritemio scaccia in malomodo lo spasimante. Intanto Nardo, ignaro
di tutto ciò, discutendo con la nipote Lena mette in burla ogni
antiquato tentativo di avanzamento sociale attraverso le nozze e
tesse un elogio della serenità campestre. Quando il filosofo si
presenta a casa di Don Tritemio, Lesbina, per nascondere l’incontro
tra i due amanti che ha luogo proprio in quel momento, finge di
essere Eugenia e si propone a Nardo come sposa. Nel finale d’atto
la cameriera riesce a evitare che Don Tritemio sveli a Nardo la
verità e accetta volentieri un anello di fidanzamento da parte del
ricco contadino.

Atto secondo. Lesbina ha consegnato l’anello a Eugenia. Quando
Rinaldo si presenta con un notaio per formalizzare le sue
intenzioni, Don Tritemio fa notare come la figlia sia già
fidanzata, provocando l’ira del giovane, che si sente tradito.
Mentre Eugenia sfoga la sua disperazione, Nardo invia uno splendido
gioiello per la sposa. Rinaldo, intanto, si è recato a protestare
presso il filosofo: questi, vista la fermezza del giovane, gli
concede di tenersi pure la sposa. L’acquisto di una moglie non è
infatti impresa per cui valga la pena di rischiare alcunché. Il
filosofo viene inoltre a sapere della vera identità di Lesbina, ma
non si scompone: la ragazza gli piace, e il suo stato sociale è del
tutto irrilevante. La cameriera ha intanto finto di voler sposare
Don Tritemio: quando il notaio si presenterà per la firma del
contratto, si approfitterà dell’uscita del vecchio Tritemio per
celebrare le doppie nozze di Lesbina con Nardo e di Eugenia con
Rinaldo.

Atto terzo. Tutti i personaggi si trovano in casa di Nardo. Don
Tritemio non ha ancora capito nulla dell’accaduto, mentre Nardo,
contento, tributa lodi entusiastiche alla ragionevolezza, alla
moderazione e alla vita semplice e naturale, lontana da ogni
ambizione. Scoperta la verità, a Don Tritemio non resta che
consolarsi con le proprie nozze: non con Lesbina, ma con Lena,
nipote di Nardo.

Il maestro di cappella
Il maestro di cappella è un intermezzo comico composto da Domenico
Cimarosa, probabilmente tra il 1786 e il 1793 basato su un libretto
di produzione ignota.
L’operina è unica nel suo genere in quanto, diversamente da tutti
gli altri intermezzi settecenteschi, vi è la presenza di un solo
cantante, il maestro di cappella per l’appunto. Proprio per la
particolarità di avere un personaggio soltanto non è stata ancora
scartata l’ipotesi che questo lavoro fosse stato scritto
originalmente come un ampliamento di un’aria per basso o di una
cantata comica.
Questo intermezzo è una parodia del maestro di cappella
settecentesco ed è affine come tipologia a quei lavori che
satirizzavano l’ambiente teatrale, ai quali appartiene anche un
altro lavoro scritto da Cimarosa nel 1786, L’impresario in angustie.

La Trama
Un maestro di cappella è intento nel mettere in musica un’aria in
“stil sublime” seguendo i dettami degli antichi maestri, ma quando
l’orchestra inizia a provare il brano l’effetto è catastrofico,
dato che ogni strumentista entra al momento sbagliato durante
l’esecuzione. Il maestro è quindi costretto a canticchiare volta
per volta la parte di ogni strumento; riesce alla fine a far
eseguire l’aria correttamente a tutta l’orchestra. Soddisfatto dal
successo ottenuto decide di provare un pezzo composto da lui
stesso, il “gran morceau”.


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