Wagner: Tannhäuser e la gara dei cantori della Wartburg

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Tannhäuser (Tannhäuser und der Sängerkrieg auf Wartburg,
Tannhäuser e la gara dei cantori della Wartburg) è un’opera in tre atti, composta da Richard Wagner, ispirata alle due leggende tedesche di Tannhäuser e delle gare poetiche dei cantori della Wartburg. I temi chiave sono l’opposizione fra amore sacro e profano, e la redenzione tramite l’amore (tema presente in molte opere di Wagner).
Wagner diresse la prima a Dresda nel 1845; la nipote Johanna Wagner interpretava la parte di Elisabeth. La versione dell’opera presentata generalmente oggi è però la cosiddetta “versione di Parigi”.
Wagner effettuò infatti delle modifiche per l’esecuzione del 1861 a Parigi, che ebbe luogo grazie al patrocinio della principessa austriaca Pauline von Metternich. Vi furono delle ulteriori modifiche nel 1875 in occasione di un’esecuzione a Vienna: la versione del 1875 viene comunque convenzionalmente chiamata adesso “versione di Parigi”.
.Sinopsi
L’opera si svolge vicino ad Eisenach all’inizio del XIII secolo.
 Atto primo
Il Trovatore Tannhäuser è trattenuto presso il Venusberg (monte di Venere-Horselberg), sedotto da Venere, circondato in un’orgia da satiri, baccanti e coppie di amanti. Tannhäuser e Venere sono abbracciati. I desideri del trovatore sono sazi, ed egli desidera ritrovare la libertà e la penitenza cristiana. Prende la sua arpa e intona un canto appassionato alla dea, che si conclude con una richiesta di libertà. Venere tenta ancora di sedurlo ma egli dichiara di cercare la salvezza nel nome di Maria. Questa parola rompe l’incantesimo: Venere scompare e Tannhäuser si ritrova nella fortezza della Wartburg, in primavera. Un giovane pastore è seduto su una roccia e intona un’ode alla stagione. Passano alcuni pellegrini in processione: il trovatore, colmo di rimorsi, si inginocchia piangendo. In questo stato incontra il langravio di Turingia, accompagnato dai poeti Wolfram, Walther, Biterolf, Reimar e Heinrich. Questi accolgono calorosamente il loro antico rivale e lo invitano ad una tenzone poetica: egli inizialmente rifiuta, ma poi accetta quando viene a sapere che Elisabeth, nipote del langravio, colpita dalle sue parole è ancora afflitta dalla sua mancanza.
. Atto secondo
Castello della Wartburg. Elisabeth apprende del ritorno di Tannhäuser e quindi si mostra in pubblico alla gara canora. Wolfram conduce il trovatore da lei; egli dice di amarla, ma non ha il coraggio di rivelare dove sia stato tutto questo tempo.
I cantori si riuniscono per la gara, arrivano anche i nobili, le dame e i cavalieri vestiti in modo solenne.
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Il tema della tenzone è il risveglio dell’amore. Comincia Wolfram, che dichiara che l’amore è un fiume puro che non andrebbe mai turbato. Tannhäuser elogia invece con fervore l’amore carnale. Gli altri cantori controbattono, Tannhäuser replica a ciascuno, ed in un eccitamento crescente finisce con il cantare un’ode a Venere, e racconta la sua storia. Le donne, eccetto Elisabeth, lasciano la stanza con orrore, ed i cavalieri sfoderano le spade contro il trovatore. Elisabeth lo protegge, il cantore si pente ed il langravio acconsente a lasciarlo andare a Roma con un gruppo di pellegrini a chiedere perdono al Papa.
[modifica] Atto terzo
Vallata della Wartburg, scena autunnale. La musica orchestrale descrive il pellegrinaggio di Tannhäuser. Elisabeth, accompagnata da Wolfram, si inginocchia in preghiera. Chiede invano notizie ai pellegrini che ritornano. Prega ancora, offrendo la sua vita alla Madonna in cambio della redenzione del cantore, e torna alla Wartburg con il cuore infranto. Wolfram, che l’ama fedelmente, ha un presentimento della sua morte. Vede davanti a lui un pellegrino vestito di stracci: è Tannhäuser, che cerca disperato la strada per il Venusberg. Il Papa gli ha negato l’assoluzione dicendo che questa è impossibile, come per il suo pastorale è impossibile rinverdirsi di fresche foglie. Venere appare per un attimo, interrotta da una processione: il funerale di Elisabeth. Tannhäuser si lancia sul corpo di lei, e muore redento grazie al suo sacrificio, dopo averne invocato la santità. I giovani pellegrini entrano e annunciano che il pastorale del Pontefice è fiorito per miracolo come segno del perdono di Dio.

Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813Venezia, 13 febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d’orchestra e saggista tedesco.
Riconosciuto come uno dei più importanti musicisti di ogni epoca, Wagner è principalmente noto per la riforma del teatro musicale. Diversamente dalla maggioranza degli altri compositori, Wagner scrisse sempre da sé il libretto e la sceneggiatura per i suoi lavori.
Le composizioni di Wagner, in particolare quelle del suo ultimo periodo, sono rilevanti per la loro tessitura contrappuntistica, il ricco cromatismo, le armonie, l’orchestrazione e per l’uso della tecnica del leitmotiv: temi musicali associati a persone luoghi o sentimenti. Wagner inoltre fu il principale precursore del linguaggio musicale moderno: l’esasperato cromatismo del Tristano avrà infatti un effetto fondamentale nello sviluppo della musica classica.
Wagner trasformò il pensiero musicale attraverso la sua idea di Gesamtkunstwerk (opera totale), sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche. Questo concetto trova la sua realizzazione nel Festspielhaus di Bayreuth, il teatro da lui costruito appositamente per la rappresentazione dei suoi drammi (vedi anche: Festival di Bayreuth)
La sua arte rivoluzionaria scatenò reazioni contrastanti nel mondo musicale e divise critici e appassionati in “wagneriani” e “antiwagneriani”: fu anche per questo che il compositore conobbe il successo solo negli ultimi anni della sua vita.

Mascagni: Cavalleria Rusticana; Iris

Cavalleria Rusticana
Di Pietro Mascagni.

Santuzza: Lina Bruna-rasa soprano

Lola: Maria Marcucci mezzo soprano
Turiddu: B.Gigli tenore
Alfio: gino Bechi baritono
Lucia: Giulietta Simionato contralto
Coristi e professori d’orchestra teatro Alla Scala di Milano
Discorso di introduzione di Pietro Mascagni

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Cavalleria rusticana fu la prima opera composta da Mascagni (anche se Pinotta, rappresentata per la prima volta solo nel 1932, fu scritta antecedentemente) ed e certamente la più nota fra le sedici composte dal compositore livornese (oltre a Cavalleria rusticana, solo Iirs e L’amico Fritz sono rimaste nel repertorio stabile dei principali enti lirici). Il suo successo fu enorme già dalla prima volta in cui venne rappresentata al Teatro Costanzi di Roma, il 17 maggio 1890, e tale è rimasto fino a oggi. Basti pensare che ai tempi della morte di Mascagni, avvenuta nel 1945 l’opera era già stata rappresentata più di quattordicimila volte solo in Italia.

Nel 1888 l’editore milanese Edoardo Sonzognoannunciò un concorso aperto a tutti i giovani compositoriitaliani che non avevano ancora fatto rappresentare una loro opera. I partecipanti dovevano scrivere un’opera in un unico atto, e le tre migliori produzioni (selezionate da una giuria composta da cinque importanti musicisti e critici italiani) sarebbero state rappresentate a Roma a spese dello stesso Sonzogno.

Mascagni, che all’epoca risiedeva a Cerignola, in provincia di Foggia, dove dirigeva la locale banda musicale, venne a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni e chiese al suo amico Giovanni Torgioni Tozzetti, poeta e professore di letteratura all’Accademianavale di Livorno, di scrivere un libretto. Targioni-Tozzetti scelse Cavalleria rusticana, una novella popolare di Giovanni Verga come base per l’opera. Egli e il suo collega Guido Menasci lavoravano per corrispondenza con Mascagni, mandandogli i versi su delle cartoline. L’opera fu completata l’ultimo giorno valido per l’iscrizione al concorso. In tutto, furono esaminate settantatré opere e il 5 marzo 1890 la giuria selezionò le tre opere da rappresentare a Roma: Labilia di Nicola Spinelli, Rudellodi Vincenzo Ferroni, e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni.

Emilio de Cavalieri: Rappresentazione di anima e di corpo

 

La musica ebbe sempre una funzione di primo piano all’interno delle attività devozionali dell’Oratorio di San Filippo, a Roma,

ma del tutto eccezionale sembra essere stata la messa in scena dellaRappresentatione di anima, et di corpodi Emilio de’ Cavalieri, il primo dramma interamente musicato che ci sia pervenuto, grazie alla stampa curata da Alessandro Guidotti per i caratteri di Nicolò Mutij, datata 3 settembre 1600. «Danzatore leggiadrissimo», coreografo, regista, organizzatore di spettacoli, perfetto «cortegiano» rinascimentale, Cavalieri era stato da tempo chiamato a Firenze da Ferdinando de’ Medici, in qualità di sovrintendente degli artisti che lavoravano a corte. Per ragioni politiche non era più gradito Giovanni Maria Bardi conte di Vernio, l’artefice degli sfarzosi intermedi del 1589, e la nomina di Cavalieri aveva segnato un nuovo indirizzo culturale nella Firenze dell’ultimo decennio del Cinquecento; indirizzo confermato dalle rappresentazioni di due pastorali interamente in musica, ilSatiroe laDisperazione di Fileno, seguite dalGioco della cieca, tutti lavori su testo di Laura Guidiccioni. In questi, Cavalieri fu il primo a dimostrare che la musica del suo tempo poteva essere impiegata a fini drammatici: non solo in funzione ornamentale e favolistica, come accadeva negli intermedi, ma anche per accompagnare le azioni e interpretare i sentimenti dei personaggi. Nonostante gli esempi fossero simili più a balletti o pantomime che a drammi veri e propri, e lo stile della musica fosse vicino a quello delle canzonette strofiche e da ballo («melodie», scriverà Giovan Battista Doni nel 1635, «molto differenti delle odierne che si fanno in istile comunemente detto recitativo, non essendo quelle altro che ariette con molti artifizi di ripetizioni, echi e simili, che non hanno che fare niente con la buona e vera musica teatrale»), Cavalieri rivendicò la paternità del nuovo genere, concedendo in stampa la suaRappresentationeproprio nel momento in cui a Firenze avevano luogo le prove per gli spettacoli previsti in onore delle nozze reali dell’ottobre 1600 (fra cui l’Euridice, alla quale forse collaborò in veste di regista). In una lettera del novembre dello stesso anno Cavalieri si rammaricò del fatto che Rinuccini, il librettista dell’Euridice, nella dedica che precede il libretto a stampa si dichiarasse inventore «di questo modo di rappresentare in musica», che invece «è inventato da me, che ciascheduno lo sa, et io mi trovo haverlo publicato. Hora chi vede la stampa del Ranocchino mi terrà per un bugiardo». Il punto è che Caccini e Peri, nelle loroEuridici, furono i primi a impiegare a fini drammatici uno stile che a Cavalieri era del tutto estraneo, mentre questi fu senz’altro il primo a scrivere e a mettere in scena rappresentazioni svolte completamente in musica, nelle quali suoni, danze, canti costituivano il fulcro dell’interesse drammatico. Anche l’espressione «recitar cantando» fu probabilmente coniata dal Cavalieri stesso, che però era rimasto estraneo al salotto musicale di casa Bardi (nel quale nacquero gli stimoli a imitare con il canto, sulla scena, l’intonazione della parola, destando «affetti» nel pubblico). Ma per l’autore dellaRappresentationetale espressione indicava un’azione eseguita in musica, senza un significato più profondo e nuovo circa lo stile musicale impiegato: nell’importante prefazione alla partitura della sua opera, gli «Avvertimenti per la presente Rappresentatione» sono indirizzati «a chi volesse farla recitar cantando». L’espressione sembra quindi indicare solamente l’eventuale recitazione cantata e la messa in scena, in cui danze e gestualità erano elementi che al compositore stavano particolarmente a cuore.

duo Ferrari Cognazzo: I bis del concertista

 

I bis del concertista

 

Boccherini – Hillemacher – Tartini – Faurè – Lalo – Saint Saens – Vang Goens – Vivaldi

Due Ferrari violoncello, Cognazzo piano.

Il duo Ferrari Cognazzo è nato dall’unione di due noti strumentisti: Giuseppe Ferrari primo violoncello titolare dell’orchestra sinfonica di Torino della Rai Radiotelevisione Italiana, apprezzato dai più grandi direttori nell’esecuzione di importanti e difficili assoli ed attivo e stimato anche nel campo cameristico, e Roberto Cognazzo, pianista ed organista, docente presso il conservatorio G.Verdi di Torino e membro di vari complessi orchestrali.

 Lato A:

Vivaldi: Sonata n.5 in mi min.
Boccherini: Sonata n.6 il la mgg.

Lato B:
Boccherini; Adagio dal concerto in si bem.

Hillemacher: Gavotta tendre (Dalla suite dans le style)
Tartini: Grave (dal concerto in re magg.)
Faurè: Apres un reve
Lalo: Chants  russes
Saint Daens: Le Cygne (da “LE carnaval des animaux)
Van Goens: Scherzo

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Saint Saens Mahler

 

Lato A:

Camille Saint-Saens:
Klavierquartett B-durr op.41
Allegretto, andante maestoso con moto, poco allegro

 Lato B:

Forts.v. Saint-Saens
Allegro.

 

Gustav Mahler klavierquartettsatz a-moll
Nicht zu schnell

 

Quatuor  Elyseen
Anna Claude Villars violine
Simone Feyrabend viola
Therese Pullet violoncello
Odile Poisson clavier

 

 

 

 

 

 

 

 

Rossini: Mose

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Mosè in Egitto è un’opera di Gioachino Rossini su libretto di Andrea Leone Tottola, dalla tragedia L’Osiride di Francesco Ringhieri.
Debuttò con buon successo il 5 marzo 1818, anche se il pubblico apprezzò di più i primi due atti dato che l’ultimo atto, in seguito a un banale incidente scenico (si era verificato un problema sull’apertura del Mar Rosso), terminò tra le risate del pubblico. Rossini, a partire dalle repliche riscrisse l’atto finale (aggiunse tra l’altro la famosa preghiera Dal tuo stellato soglio, il brano più celebre dell’opera). Caduta nel dimenticatoio dopo la nuova versione francese, intitolata Moïse et Pharaon, tornò sulle scene nel 1981, con buon successo. Pur non essendo entrata nel repertorio, l’opera conta molte importanti rappresentazioni e un’incisione discografica della Philips: cantano Ruggero Raimondi come Mosè, June Anderson com Elcìa, Ernesto Palacio come Osiride.